Adolfo Battaglia e per i comunisti, ma anche per quei socialisti più moderati la cui inesperienza politica si accompagna spesso a un furbesco apprezzamento della trattativa sottobanco, a due, con la DC. La sua candidatura rappresentava troppo chiaramente l'involuzione del centro-sinistra perché i tentativi dell'on. Colombo in direzione degli alleati di governo potessero trovare credito. E d'altra parte era troppo espressione di parte all'interno della DC perché, dopo il ritiro di Fanfani e di Pastore, essa potesse costituire la piattaforma di un nuovo tentativo democristiano: su questo punto il documento di Scelba è chiarissimo, il nome di Leone non fu mai considerato come accettabile dalle tre minoranze, benché gli scelbiani lo avessero votato già 12 volte per disciplina di partito. Così Leone cadde; e il suo ritiro è venuto a significare un importante fatto politico: che cioè, nella lunga vicenda presidenziale, il doroteismo è stato battuto come forza dirigente della DC; è stato isolato all'interno del partito; e l1a mostrato tutta la sua incapacità di attrazione politica esterna, una volta che la sua arma fondamentale, il potere, avesse le polveri bagnate. La pressione dorotea che ha pesato lungamente sul centro-sinistra potrà forse allentarsi in dipendenza della prima sconfitta politica che questo gruppo ha subito dal 1958 ad oggi. Erano dietro la candidatura Fanfani due diverse concezioni politiche: quella del leader democristiano e quella del gruppo comunista che fa capo a Ingrao e che punta sul dialogo tra cattolici e comunisti. In certo senso era giusto e logico che fossero ambedue sconfitte, perché , quasi nulla le accomunava; non l'opposizione ai dorotei, da cui Fanfani chiedeva in definitiva di essere votato, e neppure la tesi del « dialogo », che non rientra minimamente nel quadro ideologico-politico del leader cattolico. Piuttosto, a quei curiosi democratici che fanno rilevare quasi scandalizzati come la concezio11e politica di Amendola possa venire alla lunga « integrata» nella strategia laica del centro-sinistra (ma dovrebbe dirsi più correttamente nella strategia dell'alternativa laica al potere cattolico), è giusto far rilevare che la concezione di quei gruppi arretrati che fanno capo a Ingrao avrebbe ancora una volta finito col rendere il PCI puramente succube di un fatto politico qualificato e determinato da una presenza cattolica. Come già avvenne nel caso dell'art. 7, anche in questa vicenda il PCI avrebbe giuocato sì un ruolo numericamente preponderante, e quindi propagandisticamente anche utilizzabile, ma in realtà il significato e le prospettive politiche del1' elezione del leader cattolico non sarebbero state fondate dal PCI, ma dalla personalità, dall'azione personalç! e incontrollabile, dalla storia ideologica e politica, dalla dottrina della « reversibilità » dell'on. Fan30 BibliotecaGino Bianco
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