Nord e Sud - anno XII - n. 62 - febbraio 1965

Recensioni fattori, quali la stessa impreparazione dei giacobini alla direzione dello Stato, colti essi stessi di sorpresa dal precipitare degli avvenimenti; i loro dissidi ideologici e personali, anche nell'interno delle stesse correnti; le interferenze francesi (si pensi al peso negativo del Macdonald); il complesso compito di totale riorganizzazione dello Stato; le gravissime condizioni finanziarie, pubbliche e private; la mancanza di efficienti collegamenti con le province, ecc. Il popolo non percepì - e non poteva percepire, in parte anche per colpa dei « giacobini » - i vantaggi della democrazia e, impaziente nella vana attesa di mutamenti immediati, ruppe gl'indugi e si schierò nel campo della reazione, attiratovi dalle lusinghe conservatrici e per il delinearsi del declino della Repubblica. In questo modo, esso stesso - opponendosi agl'interessi generali e particolari - stabiliva tra « popolo» e « nazione» una differenza, non già di carattere giuridico, ma morale e politico. Sotto questo aspetto, il richiamo del Ricci a certe repressioni post-unitarie non è accettabile. Vogliamo ricordare che, alla seconda occupazione francese (1806), il «popolo» non si mosse e Giuseppe Bonaparte poté fare, tranquillamente e subito, senza il minimo incidente, un lungo viaggio nel regno; ma, a distanza di qualche mese, lo stesso « popolo » - proprio perché deluso ancora nella sua aspirazione ai vantaggi immediati - insorse così furiosamente da per tutto da creare un serio orgasmo nel nuovo regime napoleonico. Non diversamente accadde nel 1860, allorché il «popolo» accolse con caldo entusiasmo il « liberatore» Garibaldi e poi si diede al brigantaggio, andando incontro ad inevitabili repressioni. Gruppi di popolani, che, sia pure per una ribellione contro le condizioni di sconcertante miseria in cui si trovano, si pongo,no, nel corso della storia del Risorgimento, in lotta armata contro il progresso politico, civile e sociale, non possono davvero assurgere ad entità rivoluzionaria, tanto più che non esprimono - in nessuna forma ed in nessuna misura - né interessi di classe, né ideali politici, né programmi sociali; se mai, ammantandosi di motivi politici, monarchici e sanfedisti, diventano fautori di un'assurda involuzione. Ora, si può discutere sulle capacità, sugl'intenti, sulla stessa intelligenza delle classi dirigenti di questo o quel periodo, ma non si può senza dubbio - come fa il Ricci - invertire posizioni politiche e morali. Egli stesso ammette che tra il 1799 ed il 1815 i secolari problemi del Mezzogiorno furono presi in esame e, quando non risolti, almeno posti seriamente in discussione; aggiungiamo noi, che, se tanto program.Iila di rinnovamento non venne proseguito, fu anche perché al restaurato assolutismo regio mancò la pressione rivoluzionaria del «popolo», il quale finì con l'essere non il « vero protagonist'1: », bensì il « grande assente » della storia del Mezzogiorno. · Tralasciamo, infine, di considerare alcune imperfezioni ed inesattezze relative alle « Notizie dei protagonisti» poste alla fine del volume; e formuliamo l'augurio che la rimanente opera possa essere curata con la massima obiettività e con un maggiore scrupolo filologico. ' UMBERTO CALDORA 125 Biblioteca Gino Bianco

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