Nord e Sud - anno XII - n. 62 - febbraio 1965

Umberto Caldora induce ancora una volta ad auspicare che qqalcl1e .editore napoletano si decida alfi.ne a realizzare una buona ed organica collana di fonti e testi meridionali, editi ed inediti. Questo primo volume (C. De Nicola, Diario napoletano, dice1nbre 1798 · dicembre 1800, a cura di Paolo Ricci; Milano, Giordano ed., 1963) comprende l'importante ed intenso periodo che va dal dicembre 1798 al dicembre 1799 e si riferisce prevalentemente alla Repubblica Napoletana (detta poi « Partenopea » e, dalla regina Maria Carolina, anche « Vesuviana »). Di esso non sarebbe necessario occuparsi, se non dovessimo rilevare come sia stato curato con una certa tendenziosità e superficialità, sia filologica che storica, pregiudizievoli nei riguardi del lettore sprovveduto. Innanzi tutto, il Ricci ha trascurato la collazione del testo a stampa con quello manoscritto. Infatti, l'edizione da lui riprodotta non solo non è proprio corretta, come egli ritiene, ma manca anche di parti tuttora inedite, per cui è da supporre che il curatore non abbia mai avuto tra le mani l'originale, soverchiamente fidando sull'autorità del De Blasiis, senza dubbio uno storico di grande valore e merito. Dobbiamo, poi, egualmente supporre che lo stesso Ricci non abbia condotto esplorazioni in profondità tra gli avvenimenti napoletani del 1798-99, se ci è dato rilevare diverse inesattezze, le quali, per quanto non determinanti, sono nondimeno rivelatrici di un inadeguato scrupolo di approfondimento delle fonti documentarie e bibliografiche, accresciutesi notevolmente proprio nell'ultimo decennio. Così, tanto per fare qualche esempio, non è affatto vero che il gen. Mack chiese l'armistizio e s'impegnò a versare ai Francesi una « taglia » ( ?) di otto milioni. Se mai - a voler credere al lungo memoriale diretto a sua difesa il 22 - 1 - 1799 dal vicario Pignatelli all' Acton - « l'armistizio fu proposto [al Pignatelli] dal Cap. Gen. Mack » anche per lo « stato infelice dell'Armata che comandava, la quale giustamente credeva vile e corrotta»; esso, divulgato a stampa in italiano ed in francese, reca le firme del principe di Migliano e del duca del Gesso. E che il generale non ne fosse responsabile, lo prova anche il fatto che Ferdinando IV, appena avutane notizia, destituì subito il Pignatelli ed affidò al Mack il governo militare del territorio non ceduto ai Francesi. In secondo luogo, l'art. 8 dell'armistizio (detto « di Sparanise», 11-1-1799) stabiliva il pagamento in due rate (15 e 25 gennaio) di dieci milioni di lire francesi (e non otto), pari appunto ai 2 milioni e mezzo di ducati di « prestito forzoso » imposto nominalmente, poi, il 28 piovoso, dal governo provvisorio della Repubblica. Né ci risulta da nessuna parte che Ferdinando IV, una volta imbarcatosi per andarsene in Sicilia, sia ancora tornato al Palazzo, dove - sempre secondo il Ricci - si sarebbero recate varie deputazioni a pregarlo affinché non partisse. Ferdinando IV (si veda soprattutto il suo inedito diario) rientrò dallo Stato Romano il 13 dicembre; la sera del 21, attraverso un passaggio segreto del palazzo reale, raggiunse il Molosigl~o e s'imbarcò sul « Vanguard »; contrariamente alle opinioni dello stesso De Nicola, egli non poté partire sia per il tempo avverso, sia per la completa diserzione degli equipaggi dei 122 Biblioteca Gino Bianco

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