Nord e Sud - anno XII - n. 62 - febbraio 1965

Recensioni condizioni di una abdicazione della cultura letteraria verso altre forme che letterarie non sono, bensì può avvenire 11ell'intelligenza delle diverse funzioni che esse svolgono: è chiaro che sul piano della sistemazione concettuale esse si configurano diversamente, ma è proprio questo che basta intendere per avere in gran parte risolto la questione. Ma, nel non voler accettare questa diversità, che non è opposizione, lo Snow no,n riesce a dare una soluzione coerente al suo problema: e occorre, prima di concludere, rilevare che non vi riesce neppure il suo presentatore italiano, Ludovico Geymonat, il quale riprende anche lui la tesi dell'integrazione della cultura umanistica in quella scientifica, e tanto per essere « di moda» attribuisce alla dottrina crociana la responsabilità della frattura esistente anche in Italia fra l'indirizzo scientifico e quello umanistico (p. XI). Si potrebbe obiettare al Geymonat, a prescindere da un discorso teoretico sulla dottrina crociana della logica, che non è certo qui il caso di fare, che la frattura tra le due culture in llll paese che non ha certo avuto l'influsso crociano, né idealistico in genere, quale è appunto l'Inghilterra, è per lo meno altrettanto ampia (ed è proprio lo Snow a presumere e a definirne i termini, drammaticamente) di quella esistente in Italia. La questione non può, quindi, essere impostata su questa base: il ritardo della cultura italiana in campo scientifico ha cause politicl1e ed economiche, facilmente individuabili: e siamo fra i primi, d'accordo in questo con il Geymonat, a desiderare che, attraverso un serio rinnovamento delle istituzioni scolastiche, si inizi quanto prima il recupero degli anni perduti. Per quel che riguarda invece la sistemazione concettuale del problema dei rapporti fra scienza e cultura è chiaro che la circolazione delle idee, l'interscambio fra i diversi aspetti della cultura moderna, dalla tecnica alla linguistica, dall'etica all'economia, dalla scienza pura alla filosofia, che costituiscono l'unica possibilità di soluzione del conflitto, non devono avvenire a prezzo di una fondamentale confusione. Certamente oggi non è più il tempo di sistemi filosofici chiusi e soddisfatti di sé; non sarà neppure più attuale la diagnosi di Platone secondo cui « la miserabile condizione politica del mondo non avrà fine finché i filosofi non diverranno re o i reggitori non prenderanno veramente a filosofare»; ma non è l'integralismo scientifico che deve sostituirsi alle vecchie concezioni. L'unificazione del sapere, di cui ogi tanto si parla, ma di cui non si riescono a vedere esemplificazioni concrete, è una affermazione che sa molto di teorico: a nostro avviso essa può essere intesa solo come un'abolizione degli eventuali residui di concezioni gerarchiche del sapere, ma non in termini di riduzione di una forma culturale ad un'altra, come pretendono i fautori dell'integralismo scientifico, i quali sembrano non essersi accorti che questo altro non significherebbe se non ripristinare, capovolgendone semplicemente la disposizione, il vecchio conflitto fra arti liberali ed arti meccaniche. GIROLAMOCOTRONEO 115 Biblioteca Gino Bianco

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