Nord e Sud - anno XII - n. 62 - febbraio 1965

Recensioni il mondo occidentale; e bisogna pure riconoscere che il suo discorso presenta molti aspetti interessanti: quando egli si fa portavoce della necessità di un rilancio della istruzione scientifica poiché vede nel progresso tecnologico un formidabile strumento per la liberazione degli uomini dalla miseria; quando vede che « l'industrializzazione è l'unica speranza per i poveri» (p. 25); quando afferma che è dovere del mondo occidentale nella sua veste di società ricca favorire il processo di sviluppo industriale dei paesi del terzo mondo (pp. 40 sgg); quando comprende infine che piaghe sociali come la fame ed il sovrappopolamento possono essere vinti solo attraverso un formidabile sforzo tecnologico e produttivo unito ad una politica nei confronti dei paesi poveri che sia illuminata senza essere paternalistica (pp. 46-47), egli afferma delle verità che non possono non essere accettate. Alcune delle pagine da lui scritte sono notevolmente acute e dimostrano che lo Snow ha una chiara visione delle principali questioni politiche e sociali della nostra epoca, anche se, per lo stesso carattere della sua esposizione, che è, come dicevamo, il testo di una conferenza, talvolta si rivela alquanto sbrigativo e superficiale. Ma se il suo discorso ha un valore considerato sotto questo particolare aspetto, non si può dire che sia altrettanto valido quando si sposta su un terreno che evidentemente non gli è congeniale. I suoi problemi di fondo sono, infatti, come abbiamo detto all'inizio, primo, di indagare sugli attuali rapporti fra cultura letteraria e cultura scientifica, e, secondo, quello di trovare fra di esse un punto di contatto che possa risolvere l'antinomia esistente fra di lo,ro. Ed è qui che le sue tesi si sfibrano con un'interpreta-- zione unilaterale per il primo dei due problemi e con soluzioni ingenue o inconsistenti per il secondo. Anzitutto, lo Snow sostiene che uno dei maggiori motivi della nostra crisi viene dal fatto che « è la cultura tradizionale, in n1isura molto limitata dall'emergere della cultura scientifica, che governa il mondo occidentale » (p. 12); che gli intellettuali, che egli definisce « luddisti per natura » (p. 22), non hanno mai voluto accettare la rivoluzione industriale, e che anzi, di fronte ad essa, « si tirarono indietro con disgusto, come se un uomo sensibile non potesse far altro che lavarsene le mani; che alcuni ( ...) escogitarono fantasticherie di vario genere, che in realtà si riducevano ad urla di orrore>> (pp. 24-25). Da questa sua diffidenza verso la cultura letteraria allo Snow viene facile dedurre che la polarizzazione delle due culture (forse sarebbe più esatto dire delle « due forme di cultura», visto che lo stesso Snow (p. S) afferma che sarebbe « l'ultima persona al mondo a suggerire che le due cose al livello più profondo possano venire distinte ») sia imputabile come colpa solo e semplicemente agli intellettuali, esaltatori del passato, nemici del progresso, sordi alle istanze del mondo contemporaneo. Probabilmente lo Snow interpreta male la préoccupazione dei letterati verso i pericoli di un mondo assolutamente tecnicizzato (si pensi, per esempio, a certe stupende pagine di Miguel De Unamuno) e la considera semplicemente come un rifiuto, come un atto di ostilità preconcetta, per cui non esita ad 113 Biblioteca Gino Bianco

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