Nord e Sud - anno XII - n. 61 - gennaio 1965

Il silenzio dell'Europa sop~avvive il pensiero utopistico - inteso come inestinguibile senso . della libertà, come un sempre rinnovato impegno dell'uomo verso il futuro -, perché mai esso dovrebbe considerarsi esaurito in Europa? { ~ Stanley Hoffmann («Esprit», novembre) ha recentemente messo in luce le profonde diversità esistenti (malgrado la così detta « americanizzazione » dell'Europa) tra l'esperienza americana e quella euro·pea. In Europa, egli ha osservato, la società industriale significa non già la co:r~.ti- rnuità con il passato, bensì la rottura con tutte le tradizioni; senza dire che essé:l è ben lontana dall'essersi realizzata, in quanto esistono tuttora notevolissime sperequazioni di natura economico-sociale, tanto fra i divèrsi paesi del continente europeo, quanto all'interno dei singoli paesi. Il principale problema politico, in Europa, non è quello dell'effi-· cienza delle istituzioni, bensì quello della loro stabilità e della loro legittimità: manca, difatti, l'accordo generale sui principi. E l'ampliarsi della sfera d'intervento dello Stato ha aggravato quella separazione radicale tra cittadini e dirigenti, quella diffidenza verso lo Stato che è stata alimentata da secoli di assolutismo e di totalitarismo, e finanche da quei governi liberali - rileva Hoffmann - che hanno sempre affidato il potere ai soli « uomini d'ordine ». E ancora: mentre gli americani, non avendo avuto incontri spiacevoli co,n la storia, possono menar va11to del loro passato di nazione, gli europei non hanno altro retaggio comune che un senso di vergogna: « l'esperienza comune è quella di un fallimento massiccio - la prima guerra mondiale con il suo metodico massacro, gli anni 30 che videro la degradazione intellettuale delle ideologie, divenute armi iportali, la seconda guerra mondiale con le sue atrocità, le ferite della colonizzazione e della decolo,nizzazione ... ». Eccoci così tornati al punto dal quale eravamo mossi. Dopo la splendida tensione della Resistenza e degli anni immediatamente successivi, sembra che l'intellettuale europeo abbia rinunciato a qualsiasi i impegno civile. Ha constatato, con amarezza, che « l'azione non è sorella ~ del sogno »; si è lasciato convincere che le ideologie sacrificano il pre- / sente al futuro; ha accettato la tesi della superiorità dei dati statistici l ! e tecnici sugli « sforzi verbali » per modificare il mondo; si è persuaso ! che il valore dell'individuo non è costituito dalle sue qualità umane; t ma dalla capacità di « vendersi sul mercato, ». Soprattutto, l'intellet- } tuale europeo ha perduto la fede del vecchio uomo rinascimentale nella l onnipotenza della ragione; ha dolorosamente constatato quanto sia / I vulnerabile la persona umana, quanto· sia facile scomporne l'unità, fino i a che punto sia fragile e precario ciò che egli orgogliosamente chiamava ( « io » (basti pensare, per convincersene, al lavaggio del cervello, o / 33 Bibliotecaginobianco

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