Nord e Sud - anno XII - n. 61 - gennaio 1965

P.C.I., integralisti e innovatori il vecchio nucleo. Nelle sezioni non si vedono che facce nuove. Dei 400-450.000iscritti originari del 1946-1949,che diressero effettivamente il partito fino al 1956, è molto se ne sono rimasti 200.000. Tutto il resto è formato da tesserati delle leve che vanno dal 1953 al 1956 (dopo questa data il PCI non ha fatto che perdere iscritti). Tutti i comitati direttivi sono cambiati. È mutata, insomma, la composizione politica e sociale del partito: il vecchio nome racchiude un contenuto nuovo e diverso. Gli uffici centrali non diramano più, come è noto, le percentuali relative alle varie categorie sociali degli iscritti. Ma basta entrare in una sezione o in una federazione, per avere la sensazione fisica del cambiamento. Nei suoi periodi politicamente più ricchi, il P'CI sfiorava i cinquanta operai ogni 100 tesserati; ma ora la stragrande maggioranza degli aderenti è sicuramente formata da altri ceti. È dal 1952-53, in pratica, che non si entra più nel PCI in base a una scelta politica e ideologica; ma per motivi protestatari, che sono insieme estremamente differenziati ed estremamente labili.· È aumentata grandemente, a quanto pare, anche la mobilità delle iscrizioni: è difficile mantenere un iscritto per più di due-tre anni. In molte organizzazioni periferiche, soprattutto nel Nord,- i nuovi iscritti di ogni anno superano il totale delle reiscrizioni di vecchi tesserati. Gli attivisti, i membri dei comitati direttivi locali, insomma il partito vero, nella sua spina dorsale, è caratterizzato da una sorta di grande frantumazione sociale e politica: nelle assemblee di sezione non si notano che pensionati, studenti, disoccupati, impiegati di infimo ordine. Le opinioni che vi vengono espresse sono sempre meschine,. settoriali, qualunquistiche o settarie. È cessata contemporaneamente ogni attività organizzata di indottrinamento e di scuola ideologica, che un tempo veniva esercitata persino con corsi di marxismo-leninismo a dispense settimanali. Essere comunista non ha più per i nuovi iscritti, contrariamente a quanto accadeva nel passato, alcun significato politico e morale speciale, non comporta né obblighi né orgogli. Se prima il par_tito, alla sua base, era una sorta di chiesa, era almeno una ch~esa viva e piena di fern:ienti,_ ove si manifestavano spesso scismi ed eresie. Adesso il partito è una specie di magazzino di deposito di tutti i protestatari, di centomila portatori di piccoli interessi locali o personali, di un milione di scontenti di certe zone sociali e geografiche del paese, e di tutti i detentori di certi concretissimi poteri economici e politici di certe altre zone. Un partito siffatto non si accorge nemmeno che la " dekrusciovizzazione " pone alcuni problemi, non suppone neppure che ci sia qualcosa da discutere, non ha né sorprese né chocs ». Ora, è assai probabile che Cesarini abbia, in un certo qual modo, idealizzato, con connotati tra nostalgici ed eroici, l'anima del PCI di dieci anni or sono. Quel partito era pur sempre il partito che aveva giocato tra il '44 e il '48 una grossa carta per la sovversione e la conquista del potere in Italia; era pur sempre il partito .che aveva accettato con consapevolezza ed entusiasmo lo stalinismo degli anni peggiori, chiudendo occhi ed orecchi dinanzi alla realtà evidente di fatti assoluté\mente macroscopici e alle denunce della democrazia europea di sinistra; era pur sempre il partito nel quale, come lo stesso Cesarini riconosce, anche i migliori finivano col « piegare la testa », il partito insomma del « centralismo democratico » e della dittatura togliattiana, 13 Bibliotecaginobianco

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