Nord e Sud - anno XI - n. 60 - dicembre 1964

.. ,.._ Giornale a più voci La prima e più generale osservazione che su queste proteste è dato fare è come un partito, il quale si dichiara depositario democratico del tra .. dizionale ideale di una Patria unita, e che in nome del Risorgimento 1 combatte l'attuazione delle regioni, scopra con tanto candore il più chiuso dei regionalismi quando vede compromessi gli interessi immediati dei più potenti fra i suoi affiliati. In secondo· luogo, più che del liberalismo, che pur accetta la necessità di una politica finanziarja e di una studiata distribuzione topografica degli investimenti, i principi informatori di questa opposizione sembrano· essere quelli del più assoluto liberismo. L'argomentazione che prima fra le altre viene invocata contro la disincentivazione degli investimenti nelle grandi aree metropolitane del Nord è la grandissima ignoranza, da parte del nostro mondo politico, delle cose economiche, in generale, e delle co·se e dei fatti economici dell'Europ::t occidentale, e rlel mondo libero, in particolare. È questo, infatti, lo sp·unto per un ripetuto parago11e fra la disincentivazione di certe zone indu.striali dell'Inghilterra e quella che dovrebbe esser compiuta in Italia. In Gran Bretagna - si osserva - l'ulteriore sviluppo industriale di certe zone, già pienamente industrializzate, viene giustamente limitato perché in altre zone numerosi fatto,ri ambientali, economici e sociali (quali la chiusura di alcuni cantieri navali, l'este11sione di una determinata produzione, la disponibilità di manodopera fen1minile) dam10 luogo ad una situazione favorevole all'impianto di nuove industrie. Un tale impianto, al contrario, riuscirebbe quanto n1ai difficile, o almeno costosissimo 1 , in quelle aree che vengono dal Governo inglese disincentivate; e ciò a causa di un'altra serie di ragioni, fra cui, importantissima, la preesistente massima occupazione della manodopera locale. ·Tale situazione - proseguono i liberali - è del tutto diversa da quella che caratterizza il triangolo industriale italiano·, dove, anche nei mo,menti p!ù floridi del « boom h, non so,no mai stati eliminati i dolorosi fenomeni della disoccupazione e della sottoccupazione. . Ci sembra, però, che la differente configurazione delle condizioni ambientali inglesi ed italiane non sia, in questo caso, ragione sufficiente per respingere un programma economico che preveda una limitazione della libertà d'investimenti industriali nelle province di Milano, Torino e Genova, a favore di nuove iniziative industriali nelle regioni sottosviluppate. Un incontrollato accrescimento dell'industrializzazione nelle zone già flo,ride non comporterebbe, in Italia, cl1e un ulteriore aggravarsi dell'arretratezza economica ·delle altre: se durante il periodo di maggiore floridezza le città ed i paesi del triangolo industriale sono stati pur sempre popoilati da un considerevole numero di disoccupati e sottoccupati, ciò è avvenuto proprio perché in Italia esistono intere regioni assolutamente incapaci di co,mpetere con la produttività e lo sviluppo della parte nord-occidentale del Paese. Nelle zone più povere, e fra queste p·articolarmente in quelle meridionali ed insulari, le forze di lavoro inutilizzate costituiscono una riserva che si dirige in un flusso continuo verso quelle altre zone, dove sussiste almeno la 49 Bibliotecaginobianco

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