Nord e Sud - anno XI - n. 60 - dicembre 1964

Michele Noviellz problema meridionale a Torino. Mentre a Genova, Milano, Bologna, ·Roma, ci sono mille aspetti dell'im1nigrazione da osservare, a Torino, invece, basta seguire attentamente la rubrica ormai famosa, eh~ appare ogni giorno sulla seconda pagina del quotidia110, per averne una visione do,minante. A Genova, come a Milano, l'emigrazione è soprattutto un problema, a Torino è so-prattutto un'idea. È stato detto, molto opportunamente, che il disegno geometrico delle· strade di Torino (solo Trieste e Bari ne offro·no uno simile) riflette alcune qualità di carattere torinese: un certo rigore nelle idee, nelle convinzioni, un vigile sospetto (che spesso diventa un pesante pregiudizio) verso tutto ciò che risulta o semb·ra disordinato, tortuoso, complicato; e un certo stile nei rapporti con il prossimo, con gli altri. Soprattutto lo stile. Un osservatore malefico, provocante, sarebbe disposto a chiamare quel rigore co,nformismo, quel sospetto paura delle novità e degli slanci, e a scorgere nello stile un fondo,, se non di ipocrisia, di distaccata, fredda cortesia. Tra la Fiat e Torino corre un « rapporto d'interdipendenza etico-sociale, oltre che- economica»; nello « Specchio dei tempi» c'è un rapporto eticosociale, più che economico, fra Torino e l'emigrazione meridio,nale. La Fiat è l'etica della città, la rubrica quotidiana del giornale è l'etica del nuovo fenomeno emigratorio. A Milano e a Genova, l'emigrato calabrese (o siciliano, o lucano, o pugliese) pone un problema essenzialmente, fondamentalmente, economico: lo si discute jn termini di occupazione, di assistenza, di rendimento, di inserimento; prima di essere un meridionale con i suoi pregiudizi e i suoi immancabili ritardi, è un'entità, una qualità economica, una cifra lavorativa. Ecco perché il meridionale che in queste città dimostra buona volontà di lavorare, immediatamente si inserisce in una gerarchia di valori di una società industriale e si sentirà meno vittima, meno escluso dal mondo in cui vive. A Torino, invece, l'emigrato pone subito ·un rapporto umano tra le due civiltà, l'una così distante dall'altra, più che un rapporto tra due opposte esperienze di lavoro, per esempio tra pigrizia e rendimento. Lo « Specchio dei tempi» è la registrazione puntuale di tale rapporto, che si traduce in un urto insanabile. Appena arrivo nella città, dopo averla co-mprata all'edicola della stazione centrale, sfoglio le pagine della « Stampa ». Nella rubrica-istituzio 1 ne scrivono due lettrici. La prima non è più giovane, da trent'anni è sposata co-n un piemontese autentico, ma in tutti questi anni, malgrado la sua- infinita pazienza, la sua vita di madre e di moglie è stata una durissima espe~ienza, quasi un fallimento. Mai una cortesia, nessuna parola gentile, ma sempre rudezza verso di lei da parte dell'autentico piemontese che è il marito, che detiene nella vita sociale un'alta carica. ·La seconda ha sposato, lei, autentica piemontese, contro la volontà dei suoi genitori, un meridionale; ed ora è una vera schiava, vive con la suocera e due cognate nubili, tutte sottoposte al suo uomo, sorvegliate, sempre in casa. A fare la spesa esce ,,,,. soltanto la suocera che chiude la porta a chiave; il marito la fa uscire 44 \ Bibliotecaginobianco

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