Nord e Sud - anno XI - n. 60 - dicembre 1964

Note della Redazione gnandolo per di più ai Tosi e agli Spadolini. Pure, nello stesso numero dedicato all'Italia, appare uno scritto di eccezionale chiarezza. La politica di centro-sinistra - scrive Jacques Nobécourt - è stata vista sia in Italia che all'estero in un'atmosfera sempre pesantemente colorata di passioni ostili. Gran parte della stampa italiana, controllata dall'industria, ha infatti ripetuto ostinatamente le grida d'allarme ed ha seminato la sfiducia per un'esperienza che, per la sua originalità e la sua ispirazione, meritava, almeno all'inizio, un certo credito. All'estero certe voci hanno fatto eco, hanno ridiffuso ed· amplificato un panico più o meno simulato, per la presenza dei socialisti al governo ... L'apertura a sinistra ... è il fermento stesso della rinascita italiana. Malgrado i sarcasmi di coloro che quotidianamente la vivono senza comprenderla, essa s'impone, come la realtà centrale, a tutti gli attori del gioco politico. Qual'è il quadro più fedele della realtà italiana? Quello che si deduce da ciò che scrive D'Hospital o quello che traccia Nobécourt? E ciò che scrive D'Hospital non è un modo come un altro di fare ciò che Nobécourt sembra deplorare, e cioè « ridiffondere ed amplificare » la quasi sovversiva opposizione dei nostri più gretti atnbienti conservatori nei confronti del « f er1nento stesso della rinascita italiana »? Sono domande che gli autorevoli 1nembri della direzione e della redazione de « Le Monde » avrebbero dovuto porsi per fare onore alla tradizione di « obiettività » dei commenti e di scrupolosità dell'informazione di cui si considerano portatori. Mario Paggi Mario Paggi ha significato 1no·lte cose per noi, e molte cose ci ha insegnato. Era un conversatore appassionante e uno stimolante scrittore di cose politiche; e quando era leader della cosiddetta « destra azionista », nel 1944-1946, e poi, quando è stato leader della sinistra liberale, dopo l'unificazione di Torino e prima della nianomissione del PLI da parte di Malagodì e della Confindustria, Mario Paggi è stato pure il più suggestivo· degli oratori: per la forza delle cose che diceva e per il niodo con cui le diceva. Lo incontrammo che avevamo poco più di vent'anni e rimanemmo come incantati 4alle ùnmagini con le quali illuminava e animava i suoi discorsi. Sapevamo del resto che era un uomo che veniva da lontano: veniva dalle esperienze tragiche di una generazione che, come Lui stesso ebbe occasione di scrivere, non aveva potuto « distendersi normalmente nel tempo » e della quale i migliori, malgrado Amendola e Matteotti, Rosselli e Gobetti, nulla av·evano potuto contro « la viltà di contemporanei formalisti o farisei»; veniva dalle esperienze della lunga vigilia della Resistenza e aveva molto riflettuto sugli errori dei liberali e su quelli dei socialisti, onde « grandi mali » avevano potuto « unghiare » l'Italia, e dilaniarla, « sì che ancor ne soffre e ne 31 Bibliotecaginobianco

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