... · Il caso Ippolito del Governo ~i centro-sinistra, non è un intervento, la cui scorrettezza sarebbe evidente, su questo o quel magistrato; ma l'inizio di una politica liberale della giustizia attraverso cui modificare. in profondità i dati della situazione attuale: una riforma democratica della legge sul Consiglio superiore, che elimini nel supremo organo di autogoverno dei giudici il peso schiacciante dell'alta magistratura conservatrice e lo apra all'influsso delle tendenze più democratiche; la riforma della procedura penale, che eli1nini istruttorie come quelle cui abbiamo assistito, metta accusa e difesa su un piano di parità, e provveda a rendere i procedimenti penali più rapidi e meno gravidi delle nullità che i difensori continuano a prospettare senza successo; una riforma demòcratica, infine, dell'ordina1nento giudiziario fascista del '41, cioè la distruzione di quella piramide gerarchica che fa dei magistrati di grado minore i sottoposti e i subordinati di quelli di grado superiore, in una scala di dipendenza che non può non influire sull'indipendenza dei singoli giudici. È dalla politica conservatrice della giustizia fatta per quindici anni dai guardasigilli democristiani che è scaturita la situazione attuale in cui predominano indirizzi conservatori e in cui affiorano le pericolose velleità che il processo Ippolito ha reso manifeste. Se si vuole spegnere queste velleità non si deve chiedere una serie di interventi autoritativi del ministro, cioè la conti11uazione di una politica che ci ha portato alfi.ne, in concomitanza con altri fattori, alla situazione attuale; si deve chiedere ciò che è mancato per quindici anni, e cioè, semplicemente, una politica liberale della giustizia capace di esaltare le tendenze democratiche della magistratura e di comprimere la forza delle §Ue spinte conservatrici e autoritarie. Il processo Ippolito, come feno1neno in cui si sono conde11sati anche questi problemi, rende urgente tale politica. Il caso Ippolito investe, infine, il problema (di cui parliamo per ultimo, ma che non è davvero il minore) dell'azione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici, dei rapporti che debbono intercorrere tra loro, ~ dei rapporti fra classe politica e burocrazia tecnica e amn1inistrativa: in particolare, quali siano le facoltà discrezionali asseg11ate agli enti e come debba _essere esercitata I.a funzione di controllo . .Se è assurdo che un n1inistro presieda il consiglio d'amministrazi9ne di un ente che il suo Ministero è chiamato per legge a co1 ntrollare, non è meno assurdo che la magistratura si metta a sindacare sotto un profilo penale atti la cui discrezionalità è implicita nella natura stessa degli enti cl1e li mettono in essere; atti la cui opportunità, 15 Bibliotecaginobianco
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