Nord e Sud - anno XI - n. 60 - dicembre 1964

.. Recensioni nemmeno più una memo·ria, che questa città fosse la città di Pitago 1 ra, millenni or sono, e che vi imperasse un mistero solare... la sera di Crotone, adesso, accoglie la mia tristezza senza importanza». Disguidi che o,gni viaggiatore « sentimentale» deve prevedere nel tracciare il suo itinerario jonico·. Non sai se più disgustato, o divertito. Laurenzi sente parlare di un santuario dedicato a Eva Lavinia e costruito da Pitagora; pare che per i crotonesi Pitagora sia un architetto o un tiranno deciso a tramandare il suo nome attraverso la colonna del capo omonimo. Non è can1biato molto da quando George Gissing, in una disposizione egualmente combattuta tra delusione e sarcasmo, era costretto ad annotare che « gli italiani hanno ancora familiarità col no·me del Filosofo solo perché è legato alla tabella delle mo.Jtiplicazioni ». E non parliamo del paesaggio. Quando vi approdarono Gissing e Lenormant, e ancora ai tempi di Norman Douglas, queste coste erano, deserte, desolate dalla malaria, coperte di dune· e di acquitrini; riserve di caccia per gli aristocratici padroni del latifo 1 ndo•, di emozioni per i letterati, di febbre e di miseria per i contadini. La selvaggia solitudine accentuata dalle rare masserie o da qualche arcigno e fatiscente maniero, l'assenza dell'uomo, o la sua presenza in termini di mera sopravvivenza arcadica e pastorale, semplici figure in un paesaggio caro alla in1agerie romantica, tutto, questo insomma, consentiva più atto 1 nite meditazio·ni, fughe repentine e meno duri ritorni al presente. Ora invece, dove Gissing immaginava sepolti i giardini delle EspeL. ridi, la Riforma ha creato poderi e fattorie e, proprio come paventava Douglas, il pantano di Policoro, fitta macchia popolata di daini e di cinghiali, è una vasta e ferace campagna coltivata a pomodori. Proprio quei pomodo,ri che, come prevedeva l'autore di Old Calabria, avrebbero sancito la scomparsa del latifondo e quindi la fine di un mondo e di una natura vergini, appena sfiorati dal treno e dal telegrafo. Oggi - e Laurenzi lo sa bene - chi scenda sullo J onio- alla ricerca di - presenze remote non può e neanche deve dolersi se raramente la sua meditata, ansiosa evasione trovi ]o scenario suo congeniale. Ogni tentativo di finzione, ogni pietosa o convenzionale menzogna è destinata a mostrarsi in tutta la sua precarietà, quando non addirittura in una oleografica v-òlgarità. Oggi viaggiare nel Sud, scrivere su di esso, è forse la più insidiosa delle avventure letterarie. E non soltanto oggi, naturalmente. Era proprio Leno1 rmant, or'è quasi un secolo, ad avvertire che la ricerca archeolo,gica, sia essa quella dei ruderi, o l'altra, più sottile e insidiosa, di rarefatte atmosfere, non dovesse implicare l'equivoco di ipotizzare favolose continuità, cercare altre reliquie che non fossero quelle suggerite dal paesaggio e dalle inevitabili associazio,ni da esso suscitate in ogni viaggiatore scaltrito da lunga co11suetudine con i classici. Equivoco nel quale cadranno molti, e primo, fra tutti Samuel Butler, che in ogni pescatore siciliano sarà portato a scorgere un erede diretto di qualche guerriero lacedemone approdato millenni· fa nell'Isola. Nei volti degli uomini si ritrovano, o vogliono ritrovarsi, i profili delle monete, nei ragazzi la grazia e la scioltezza degli atleti crotoniati, nei vecchi, infine, la canuta e sentenziosa saggezza dei patriarchi omerici. E se proprio la 101 Bibliotecaginobianco

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