Nord e Sud - anno XI - n. 60 - dicembre 1964

.4. tanasio Mozzillo percorrendo la terra e il mare del mito misuriamo senza riparo la nostra solitudine ». E prima ancora di un viaggio n1osso da curiosità o vaga inquietudine, autentico pellegrinaggio alle radici della n1emoria, ricerca smagata ma trepida di una dimensione dell'anima. E a leggere i dieci elzeviri che il volume raccoglie, a ripercorrere insieme all'A. un itinerario obbligato·, e staremmo per dire scontato: Croton·e, Siracusa, Taormina, Agrigento, Scilla, cado-no le perplessità che, dopo1 tanta letteratura di evasione, tante estetizzanti rapine, può suscitare il proposito di ripercorrere. le rive dello Jonio avendo a Baedeker i Mimiambi di Eronda o le Storie di Diodoro Siculo. A differenza di molti suoi predecessori illustri o famosi - Gissing, poniamo, ma soprattutto Norman Douglas -, Laurenzi nel suo ultimo libro (Non esistono le sirene, Sciascia, Roma - Caltanissetta, 1964), dichiara subito il suo disinteresse per il presente, o almeno per quanta parte di esso non partecipi ,immediatamente· del passato, quasi a continuarlo in un felice o magico ininterrotto susseguirsi di forme, di parole, di atmosfere perfino. E così, sceso allo Jonio dagli ultimi contrafforti della Sila, se egli si arresta pensoso alle po,rte di Crotone, a fermarlo, a spingerlo alla meditazio·ne no·n sono certo le fredde geometrie degli impianti industriali o l'animazione ai cancelli delle fabbriche; e neanche l'intrico dei cavi e il labirinto di tubi che conferiscono alla periferia di questa città una sua fisionomia tutta p·adana, in contrasto con il morto silenzio dei calanchi e dei paesi contadini che la circondano.· Ma tutto questo, e in qt1esto momento, non costituisce ciò che . . l'A. considera vita. Le lunghe teorie di autotreni che si muovono dagli opifici, i gruppi di operai ~he si affrettano ai p·archeggi, i mille richiami, le tante rassicuranti presenze del lavoro· ora non lo interessano; neanche lo annoiano. Soltanto fanno parte di una dimensione diversa, quotidiana. Il suo no•n è un viaggio nel « Nuovo Mezzogiorno», e neanche nel Sud feudale caro alla mitologia ruskiniana o a certo cattolicesimo estetizzante nemico. dell'inurbamento. La sua non è ricerca di oscuri mondi sopravvissuti al progresso,, incontaminati e fermi nel loro nero volto contadino. I chiusi paesi della montagna sono ormai alle sue spalle, di fronte gli è il mare, le città scomparse, sepolte nella sabbia, dai favolosi nomi evocatorii di verità solari, di eccitanti avventure dello· spirito. Storia e mito si confondono, e qui, dove un tempo sorgeva la città di Pitagora è pur sempre l'uomo a partecipare valori ancora assoluti. La città ora è squallida, forse ricca, ma niente ricorda la sua grandezza di un tempo, che addirittura appare irrisa. Chi vi appro-di « con animo che le reminiscenze libresche rendono ... innocente ·e pensoso» s11birà una delusio,ne non lieve, anche se poi per qualche improvvisa epifania avvertirà che su questa terra storia e mito sono maturati « nella desolazione del simbolo»; un simb,olo che, come la « Vinteuil » proustiana, « fa parte del vostro cuore, ha l'assolutezza di ciò che sta dietro la morte». Simboli esausti o sviliti: può- sempre accadere di imbattersi in un pavone sacro messo in palio tra i frequentatori di un tiro a segno, o di incontrare un oste briccone che nott~ tempo rifornisce la sua cucina adescando i cefali della fo·ntana Aretusa. Ma sono episodi sublimati da una sensibilità pronta a,,.captare i pur minimi indizi di una continuità vagheggiata e_impossibile, giacché « è solo un caso, 100 \ Bibliotecaginobia_nco

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