Marisa Càssola ed i linguaggi impiegati, il romanzo si innesta sul tronco di una solida tradizione letteraria, e, se pure articolato in un~ serie. di rapidi scorci, che della vicenda colgono solo i nodi esse11ziali, si accosta, nella finitezza della descrizione, ad un genere narrativo piì1 largo e disteso, di sapore ottocentesco. Questa disposizione di Fonzi a « raccontare» non resta d'altronde fine a se stessa, ché la pittura di personaggi ed ambienti è pretesto per indagare, con curiosa attenzione, l'alterna vicenda delle illusioni e disillusioni dell'uomo. Già Ponzi ci era noto per i suoi racconti di Un duello sotto il fascismo, racconti che andavano oltre la nuda cronaca, e tra una galleria di macchiette e personaggi, presentavano alcune figure caratteristiche del torbido periodo fra guerra e Liberazio,ne; fra queste, particolarmente indicative quella del figlio di un gerarca, che, disilluso dal fascismo, e presago della sua prossima morte in guerra, si ab·bandona senza slancio ad una casuale avventura d'amore, avvertendo l'inutilità di ogni cosa, e accettando la sua sorte con rassegnazione, quasi con indifferenza; e quella di un funzionario del Ministero, che nei giorni della Liberazio-ne si affaccia alla conoscenza di un mondo nuovo, che lo turba e insien1e lo attira, ma se ne ritrae quasi con spavento, tornando a rifugiarsi nel piatto conformismo di sempre. Due deboli, dunque, travolti da eventi più grandi di loro, contemplati da Ponzi con la stessa commozione pietosa che gl'ispirano le inermi vittime dei tedeschi nel racconto simbolicamente intitolato Gli svaghi degli dei. A volte queste pagine sono invece increspate da un lieve sorriso, e allora si rivela il lato grottesco dell'esistenza, vista come un gioco del destino beffardo e talora crudele; questo stato d'animo, di satira divertita, è quello che prevale quasi sempre ne Il Maligno, dove gli avvenimenti più drammatici sono conditi col sale di una garbata ironia. A differenza dei racconti il romanzo, an1bientato in un paesetto dell'Italia centrale, tranquillo e sonnolento, è poco legato ad un'epoca e ad una condizione particolare. Anche l'inizio della storia, con il suo tono da favola, contribuisce a trasportarci in un n1ondo rerr1oto e fuori dal tempo: « Non ci sono più principi, i pochi cl1e rimangono vanno ad estinguersi, e non se ne fanno di nuovi. Ce n'~ra uno, anni fa, in un paese dell'Appennino centrale ... ». Il fascismo compare appena sullo sfondo della vicenda, co·me un'esperienza incapace di scalfire la quiete e l'apatia di quei luoghi, immobili di fronte al passare degli anni. In questo angolo di terra tagliato fuori dal mondo non accadono neppure fattacci di cronaca e delitti d'onore, e la gente deve pur trovare un passatempo per ingannare la noia: lo trova nello spirito che infesta la casupola di Bibiana, una misera contadina; là, ogni sera, la gen_te del luogo si dà convegno per interrogare il « maligno », che, fantasm:i domestico e del tutto innocuo, risponde con infallibile esattezza ad ogni quesito che gli venga proposto. Intorno a questo mistero gravitano ì personaggi del racconto, personaggi sbalzati a tutto tondç>, come il principe don Lucio, il feudatario del luogo, ex ufficiale di cavalleria, un vecchio mezzo· rimbambito e tutto preso da una sua infelice passione per l'arte; la contes96 Bibliotecaginobianco
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