Nord e Sud - anno XI - n. 56 - agosto 1964

Recensioni dello sviluppo. Qui, come abbiamo accennato, il discorso cambia tono, e richiede una lettura assai più attenta e prudente. Scopo di questi due saggi fu1ali dovrebbe essere quello di rispondere a tre quesiti fondamentali: che giudizio si deve formulare della politica di sviluppo attuata finora? Che politica si deve auspicare per l'avvenire? quali in concreto i provvedimenti fondamentali da prendere per il risollevamento del Mezzogiorno? Purtro-ppo, nel te11tativo di rispondere a questi interrogativi, gli autori non riescono ad uscire dal vago e dall'incerto. Parisi introduce anzitutto una distinzio11e, fra due fasi dello· svilup,po del Mezzogiorno. La prima, che va dal 1951 al 1956, è stata caratterizzata da un tasso di sviluppo della domanda globale più elevato nel Sud rispetto al Nord. Questo risultato viene qualificato, con linguaggio un po' esoterico, ·come lo stabilirsi « di una certa interdipendenza tra il funzionamento dei due sistemi peraltro ancora assai diversi fra loro» (pag. 393). Nella seconda fase, con l'esplo·dere del miracolo, la tendenza si capovolge, e il Nord cresce più velocemente del Sud, onde il Parisi, commentando, afferma che « i legami che si erano stabiliti fra sviluppo pro,duttivo del Mezzogiorno e svilup,po produttivo del Centro Nord si allentano sensibilmente » (pag. 396). In cosa consistano questi legami che si allargano e si strin~ono non si riesce però a capire con chiarezza. Il rovesciamento di tendenza dopo il 1956-57 fu dovuto al fatto che lo sviluppo subì una brusca accelerazione al Nord, mentre conservò il ritmo primitivo nel Sud (fenon1eno questo ripetutosi più e più volte nella storia d'Italia): forse Parisi intende qualificare come fortunato stringersi di legami fra Nord e Sud le situazioni in cui il Nord viene accomunato al Sud nella depressione, e come inauspicabile allentarsi degli stessi legami le si~uazioni in cui il Nord co,n1.pie un nuovo balzo in avanti? Parisi critica la politica di intervento nel Ivlezzogiorno, per carenza d' « intervento diretto » (pag. 434), e sopratutto per essersi tale politica limitata al tentativo di ricondurre le regioni meridio11ali nel « meccanismo di mercato delle altre regioni», senza voler modificare tale meccanismo: « La politica meridionalistica, anche nella sua seconda fase, si mantiene nell'ambito della linea, scelta alrinizio, di non intervento sul tipo di meccanismo, ma di semplice predisposizione di fattori favorevoli » (pag. 407). Per usare la terminologia di Parisi, la politica meridionalistica si limitò a modificare il « sistema di convenienze dell'imprenditore privato », onde un tipo di azione decisamente insufficiente. Questo, è indubbiamente uno dei punti-cardine delle tesi del Parisi, e avremmo sinceramente preferito che egli, invece di essere così guardingo e reticente, ci avesse detto con sincerità che cosa avrebbe desiderato dalla politica economica ·italiana: nazionalizzazioni, collettivizzazione, controlli amministrativi? Finché la critica resta al livello di genericità a cui Parisi la lascia, essa non può essere né feconda né costruttiva. Esaurita la critica, quali suggerimenti ha. da darci il Parisi? Purtroppo anche qui abbondano le parole e scarseggiano le idee concrete. Parisi vuole un « programma di largo respiro» (pag. 404), u.na « i1npostazione decisa» (pag. 416), una politica dagli « impegni molteplici» (pag. 423), in ·una parola « una 93 Bibliotecaginobianco

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