Nord e Sud - anno XI - n. 56 - agosto 1964

Franco Sanso11e produttiva attorno a Milano, hanno potuto operare in tal senso, e a un ritmo piuttosto sostenuto, grazie alla progressiva utilizzazione di cospicue masse di mano d'opera disoccupata o sottoccupata dispo·nibile altrove». È il capitolo dell'immigrazio·ne: sette-ottocento mila persone, meridionali e veneti, cht si sono accampati dove e come hanno potuto, all'interno della città o in quei « pazzeschi addensamenti» sorti nei dintorni della metrop-oli. E molti immigrati si sono trasformati in « pendolari », il che vuol dire tre o quattro· o•re quotidiane di viaggio tra treno, o corriera, tram e autobus urbano, e vuol dire anche fatica e sta11chezza fisica e di conseguenza un più scarso rendimento in fabbrica. « Lo sperpero di tempo si tramuta, in conclusione, in uno sperpero di ricchezza. Sicché il tempo, assai più che lo spazio, si presenta come il vero parametro fondamentale, il fattore economico dominante dell'o·rganizzazione urbana n1oderna: un'organizzazione che sen1bra debba fare i conti con un maggiore svil11ppo futuro della popolazione». Il quinquennio chiusosi con il 1962 l1a rappresentato per l'industria lombarda in genere e per quella milanese i11particolare, il periodo del vero e proprio boom dilazionale. Considerata a base 100 la n1edia del 1953, le industrie estrattive sono salite nel 1962 a quota 194,6; le industrie manifatturiere a 225,7; le industrie elettrich.e e del gas a 182,5; le tessili a 135,5 e le n1eccanicl1e a 196,4. Nel 1951 le unità industriali erano poco più di 51 mila con 639 mila addetti, dieci anni dopo ammontavano a 59 mila co11 918 1nila addetti. Prevale, ovviamente, il settore delle industrie manifatturiere co·n 52 mila imprese e 780 mila addetti. Da notare che su 59.521 imprese ben 34.086 sono dislocate riel solo comune di Milano, con circa 550 mila addetti su un totale di 918 mila. Ne consegue lo stato di superaffollamento dell'area metropolitana da parte delle aziende industriali, con gravi conseguenze urbanistiche (un caso limite si è verificato 11el com11ne dì Sesto San Giovanni, dove per trovare spazio all'espansione in.dustriale si sacrifica l'edilizia residenziale). Oggi possiamo dire che è mancato, in 1nodo particolare in sede urbanistica, un piano di coordinato svil11ppo e d'insedia1nento industriale. La responsabilità non è tanto, o solo, degli imprenditori, i quali in definitiva hanno agito secondo il loro interesse sfruttando ogni possibile situazio,ne esistente sul mercato, quanto, e soprattutto, della direzio.ne politica del paese, cui competeva, e compete tuttora, l'onere di prevedere e regolare di conseguenza l'insieme dei meccanisn1i econo-mici. Gli insediamenti industriali non hanno seguito infatti schemi razionali, sopratutto percl1é « non equilibrati con lo sviluppo delle comunicazioni e delle infrastrutture». Si parla a giusta ragione di decentramento industriale, ma occorre, se si vuole tesorizzare la lezione suggeritaci dagli anni trascorsi, che esso sia stt1diato « i11 ordine all'esigenza dell'insediamento residenziale co-n tutto il corredo civile delle scuole, degli o,sp·edali, dei negozi e dei servizi vari ». Un altro p·t1nto-chiave, che l1a influito sullo sviluppo economico di Milano, è l'azione creditizia che ha consentito l'improvviso e talvolta insospettabile fiorire di molte imprese e favorito ancl1e noteyoli speculazioni, in particolare nel settore dell'edilizia e dei suoli edificatori. Delle mano·vre 58 Bibliotecaginobianco

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