Giornale a più voci L'alba amara di Milano Milano inquieta interroga il suo più recente passato. Le presenti difficoltà congiunturali hanno sorpreso gli o-peratori econon1ici, i piccoli e medi imprenditori, i cabalisti della borsa e di quelle aree fabbricabili le quali, fino a poco tempo fa, decuplicavano il loro valore d'acquisto nel giro di pocl1i 1nesi, un anno al più. Tutto procedeva nel 1nodo più soddisfacente, poi l'i11granaggio ha cominciato a scricchiolare e si è q_uasi arrestato. I più accorti hanno compreso allora che occorreva fare il punto della situazione, una sorta di esame di coscienza pacato e sereno, purgato cioè dai veleni della polemica. Gli atti del « Convegno - Rapporto sulla Provincia di Milano », tenutosi nei giorni 30 e 31 maggio presso la Camera di Commercio, Industria e Agricoltura, riflettono la drammaticità oggettiva della situazione attuale, ma testimoniano anche come dagli operatori più responsabili sia avvertita l'esigenza di un ripensamento critico, di una ricerca delle cause o degli errori commessi. La relazione economica del dott. Alfio Titta offre un quadro attendibile del cammino compiuto da Milano e provincia a partire dal 1950; sono dati che illuminano il processo di svilup·po del nostro paese. Provincia di Milano: 2.758 chilometri quadrati di area, pari all'un per cento dell'intero territorio nazionale; 3 milioni e 156 mila abitanti, pari al 43% della popolazione lombarda e al 6,25 per cento di quella italiana. Nel decennio 1951-1961, il complesso dei settori industriali (il cui « valore aggiunto» totale è stato• stimato, al 1961, in 1.700 miiiardi) si è più che raddo,ppiato, con un incremento globale del 106,7%. Sempre nel decennio considerato, il reddito dei fabbricati si è triplicato, da 38,7 miliardi a oltre 155; il settore del credito e delle assicurazioni è passato da 60 a oltre 130 miliardi di « valore aggiunto-»; viceversa, nel settore dell'agricoltura, il « valore aggiunto provinciale» da 43,6 miliardi è sceso a 36,4, con una diminuzione _pari al 16,6 per cento. In conclusione, il « valore aggiunto» provinciale, calcolato in poco meno di 1320 miliardi nel 1951, ha su,perato, dieci anni dopo, i 2750 miliardi di_lire a potere d'acquisto costante. In pari tempo il reddito pro-capite degli abitanti è passato dalle 376 mila lire del 1952, alle 635 mila del 1961, mentre l'indice del costo della vita da 57,87 è salito a 72,61. È noto che la struttura econo·mica italiana di circa quindici anni addietro era caratterizzata da una forte incidenza di disoccupazione di fo,rze di lavoro e da un .basso livello tecnologico nel settore industriale. Parve allora naturale equilibrare la scarsa produttività del lavoro ricorrendo all'impiego della mano d'opera disponibile sul rnercato, e disponibile a salari di gran lunga inferiori a quelli degli altri paesi del MEC. Nella relazione di Titta il ricorso alla politica di piena occup·azione risulta evidente dal passo che segt1e: « Da ~otare, comunque, che lo sviluppo economico dell'area metropolitana milanese, e del suo hinterland, ha registrato il· livello massimo proprio· in concomitanza con il massimo sviluppo della dinamica demografica, che a sua volta è coincisa col massimo vigore immigratorio. Praticamente, quindi, le imprese che sono sorte ex 11ovo, o che hanno ampliato la lo,ro capacità 57 I Bibliotecaginobianco ,.
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