Nord e Sud - anno XI - n. 56 - agosto 1964

Note della Redazion,e (sul « Corriere della Sera», nell'agosto del 1960). Contro co.Zoro che troppo semplicisticamente andavano allora sragionando di fallimento della Cassa per il Mezzogiorno e che si ·dichiaravano insoddisfatti o addirittura sfiduciati per il fatto che il Sud non aveva ancora raggiunto, e nemmeno avvicinato, gli indici di sviluppo economico del Nord miracolato, Luigi Einaudi aveva fatto valere, infatti, talune considerazioni di buon senso intorno all'i11'!,- portanza da non so-ttovalutare dei ten1pi tecnici di una politica di sviluppo regionale e intorno alla inconsistenza della pretesa di cogliere a brevissima scadenza i frutti delle opere finanziate dalla Cassa, classificabili, appunto, come opere « a fecondità differita». D'altra p.arte, se certamente Einaudi aveva ragione nei confronti di quanti, coniunisti e qualunquisti, volevano emettere un frettoloso, tendenzioso e comunque non 1neditato giudizio di fallimento sulla politica intrapresa nel 1950, aveva poi ragione anche e soprattutto Saragat, il quale, a scanso di equivoci, ritenne opportuno di replicare subito all'articolo di Einaudi, affermando che oggi, se non altro per ìl progresso tecnico, si può legittimainente pretendere di realizzare certi obiettivi di politica economica, certe soluzioni dei pro·blenii meridionali, in un tempo assai più breve di quello che è servito, alle generazioni che ci hanno preceduto, per fare della Lombardia e della To·scana le regioni che noi abbiamo trovato. C'era poi un'altra considerazione da fare: il ragionamento di Einaudi non si fondava solo sul presupposto che un, decennio non poteva essere con• siderato un arco di tempo sufficientemente arnpio p·er giudicare della politica meridionalista e per portare il Sitd ai livelli e ai ritrni di sviluppo già da tempo raggiunti dal Nord; ma si fondava anche sul presupposto che la politica intrapresa nel 1950 per lo sviluppo del Sud era la migliore possibile e doveva perciò essere proseguita così con1e era, iri attesa dei « miracoli stupendi » che sarebbero maturati « in un tempo lungo », se lo Stato « adempirà al suo ufficio ». Ma quale questo « ufficio » dello Stato? Soltanto quello di « creare le premesse della vita civile »? E poi, della politica intrapresa nel 1950 si poteva dire e si può dire che non richiede aggiornamenti e integrazioni? Si poteva dire e si può dire che non avesse subito e che non ha continuato a subire rallentamenti, degenerazioni, declassamenti? Questi e altri interrogativi do-ve.vano essere formulati e coloro che oggi Lenti chiama gli « impazienti » - che pretendono di risolvere i « problemi secolari » in base ad « astratti schemi ideologici » - ebbero allora il merito di formularli; ed ebbero anche il n1erito di reagire energicamente e tempestivamente nei confronti di tutte le speculazioni che la destra economica cercò di montare sull'articolo di Einaudi, per imporre una linea di politica economica che non implicasse certi interventi nel Mezzogiorno e per confutare la tesi che altri, i fautori del centro-sinistra, cercavano di far valere, della necessità di passare - da una politica di interventi nel Mezzogiorno che rischiavano di diventare sempre più sostitutivi e sempre meno aggiuntivi, e che comunque risultavano spesso contraddetti o svuotati da altre decisioni di politica econo-mica - ad una coerente politica di piano, tale 50 Bibliotecaginobianco

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