Il P.C.l. e la « nuova unità » dizione di una colonia americana, il piano Sinigaglia avrebbe annichilito la siderurgia italiana, la riforma agraria sarebbe stata un completo fallimento, il Mercato Comune e prima ancora la CECA e poi la CEE non avrebbero significato nulla di positivo, e così via. Parallelamente, solo· con molto ritardo i comunisti hanno compreso o, addirittura, si sono accorti di fenomeni come la fuga dalle campagne, le migrazioni interne, i mutamenti della struttura italiana dopo il 1955, la motoriz-· zazio,ne di massa, la diffusione della proprietà edilizia e del risparmio, gli aumenti dei consumi alimentari e non alimentari e così via. Ci si spiega perciò perché sia così cauta la loro interpretazione della odierna crisi economica italiana, anche se essi non nascondono affatto l'i11sinuazione che la crisi, lungi dall'essere un fatto congiunturale prima o poi superabile, sia una rivelazione e un ritorno alle deficienze strutturali da essi denunciate vent'anni or sono. Alla staticità delle impostazioni politicl1e ed economico-sociali si è poi accompagnata in questi anni una progressiva sclerotizzazione e trasformazione non tanto dei quadri direttivi in generale, quanto del tipo di quadro direttivo prevalente. L'elemento operaio e contadino, diffusissimo all'indomani della Liberazione, ha subito 11na graduale erosione a favore dell'elemento intellettuale di estrazione piccolo e medio-borghese, certamente più adatto del primo alle esigenze di una lotta politica in regime di democrazia parlamentare, ma anche assai più tradizionale e comune. La stampa di destra ha potuto organizzare, su _questo nuovo tipo di quadro co1nunista, t1na delle sue solite campagne di longanesiano dileggio, 1nettendone in rilievo gli elementi di benessere materiale (dal tenore di vita all'abitare nelle migliori zone residenziali), la frequente sofisticatezza dei gusti e degli atteggiamenti, il distacco da ogni concreto impegno rivoluzionario. Certo si è, però, che non c'è più oggi, tra le dirigenze comuniste e quelle di altri partiti, il distacco assai netto che (anche per la ben diversa partecipazione alla lotta antifascista) si avvertiva nel 1944. Perfino nei sindacati si è avvertito il mutamento e la sanguigna spontaneità di un Di Vittorio non ha trqvato adeguata successione. Forse non poteva essere diversamente in un partito costretto per vent'anni all'opposizione costituzionale in un paese che ha avuto intanto un perio·do di crescita veramente febbrile; forse, però, le circostanze hanno soltanto portato ad evidenza i congeniti limiti sociali del partito del piccolo-borghese Togliatti. Sembrerebbe quasi impossibile che un partito siffatto - costantemente attardato nella comprensione dei fenomeni economici e sociali, statico nel suo disegno politico, incondizionatamente fedele ad una 23 Bibliotecaginobianco
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