Nord e Sud - anno XI - n. 56 - agosto 1964

Giulio Pastore tiva di sviluppo del Mezzogiorno, cl1e rappresenta, accanto all'ENI, più direttamente che l'ENI e non con gli aspetti discutibili che sono propri di certi interventi dell'ENI, il più massiccio intervento pubblico nell'economia italiana. Ma, indipendentemente da ciò, è l'insieme del quadro da loro presentato che falsa ~gni prospettiva nei giudizi particolari: tanto pii1 pericolosamente, quanto più qualche linea di esso riproduce · fedelmente la realtà. Siamo d'accordo, per esempio, sulla sostanziale mancanza di co·ncreta azione per una più giusta ridistribuzione della ·ricchezza da parte del PCI {e, per lungo tempo, ovvia1nente, del succubo- PSI), più pronto a captare voti qualunquisticamente protestatari. Ma, mentre insisteremmo di più. sui pretesti da esso forniti alle destre, noteremmo anche, come Galli e Facchi non fanno, il pericolo costituito dalla sua massiccia presenza per uno Stato parlamentare di tipo occidentale e l'impedimento e-be tale presenza costituisce per una spinta popolare in senso democratico. In quest'ultimo ostacolo vedremmo soprattutto la causa del fallimento, per altro relativo, d'ogni politica di sinistra. Altro avremmo da dire, e sostanzialmente per le stesse ragioni, sul cosiddetto immobilismo centrista. De Gasperi, Sforza, La Malfa e Saragat battono in breccia u110 de~ fondamentali appoggi del conservatorismo: la nozione dello Stato sovrano in senso nazionalistico, col loro atlantismo ed europeismo. Altro che retorica della « Patria in pericolo »! È vero, poi, che De Gasperi mira innanzi tutto alla ricostituzione dello Stato di tipo « borghese », cioè parlamentare, con libere istituzioni; che Einaudi salva l'economia dall'inflazione, ma su linee tendenzialmente conservatrici; che la ricostruzione procede rapida, ma provocando anche crescenti squilibri; che si· bada, dopo, più che alla piena occupazione e a riforme strutturali necessarie, ad accrescere la co-mpetitività sul mercato internazionale della nostra industria. Ma non si ~imentièhino, da una parte, le molte difficoltà d'ogni g.enere tra cui quei g.overni dovettero muoversi, e in primo luogo l'ostilità preconcetta della maggior parte delle masse . . lavorati;ici, organizzata appunto dal PCI; né, dall'altra, la libera'lizzazione degli scambi, cui procedette La Malfa, l'istituzione dell'ENI voluta personalmente da De Gasperi e da Vano-ni, la creazione della Cassa per il Mezzogiorno, l'iniziata riforma agraria: poco, certo, rispetto alle .aspettative democratiche; ma molto, in quanto, in un paese come il nostro, si accompagnò all'opera di fo11dame.nto e mantenimento delle libere istituzioni. La stessa adesione ad e·sse dei cattolici, del resto, era già di per sé un fatto rivoluzionario. Le destre sembrarono poi avere un deciso sopravvento, dopo il decli110 e la morte -di De Gasperi. Il 121 Bi liotecaginobianco

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