Nicola Pierri sieme per chiedervi maggior peso. Così, c'era chi voleva nella D.C. rappresentare le « varie classi socialmente: utili », e solo• quelle; cl1i proponeva di sostituire alla formula dell'interclassisn10, suscettibile di equivoci, quella del « partito a struttura federativa, basato cioè su movimenti autonomi » di co·ntadini, operai, imprenditori e profes~ionisti, miranti tutti al]a conciliazione, non alla confusione degli interessi; chi, infine, come Granchi, parlava di una « preminenza del lavoro » come portato della storia, di cui, quindi, la D.C. doveva farsi propugnatrice. Questa appare nelle pagine di Facchi la problematica ideologica ricevuta e accolta da Pastore quando, scavalcando Rapelli, che era succeduto al defunto Grandi, diventò il segretario federale della CGIL per la corrente democristiana, con forte disappunto dello stesso Rapelli e di Granchi. A questo punto, sarebbe stato doveroso riconoscere che in difficoltà ideologiche analoghe, pur senza le pastoie dell'interclassismo, si dibattevano anche altri partiti, non esclt1si quelli di ispirazio·ne marxistica, nello sforzo di adeguare gli schemi alla varia e composita società moderna. Iri fondo lo stesso _ìnterclassisn10, almeno nelle interpretazi~ni più avanzate, era, pur con tutti i co1npro.messi e. le confusioni, un modo di allargare la visione sia del liberalismo che del socialismo tradizionali. Se poi i sindacalisti marxisti non avevano, se non in piccola rnisura, il problema di do·ver conciliare la posizione sindacale con quella del partito, ciò era a . tutto scapito della prima. Anzi, la misura in cui lçt CGIL poté rius~ire utile alla democrazia anche dopo la scissione del '48 è tutta nell'esiguo margine di autonomia dalle imposizioni di partito che in qualche circostanza seppe conservare; e per converso i guasti e i disordini da essa prodotti nel tessuto della vita pubblica furono sempre nella sua soggezione ad essi, purtroppo sempre di una notevole rigidità. È per questo che, una volta riconosciute le insidie tra cui la Sinist~a sindacale dovette. muoversi, tanto più meritorie risultano c~rte sue impostazio-ni, dovute, oltre tutto, al maturarsi di convinzioni profo·nde. In ciò la figura di Giulio Pastore ha fin dall'inizio un rilievo ben più spiccato di quanto ·il Facchi non sen1bri disposto ad ammettere. In Pastore, come in Grandi, era innanzi tutto sincerissima l'adesione all'unità sindacale. - Pastore ebbe la sua parte 11el patto di Roma del '44. A più riprese negli anni successivi ebbe a ripetere che, come i detentori tradizio·nali del potere economico erano pronti a fare fronte unico quando ciò fosse riuscito utile alla loro classe, così i lavoratori,,. dovevano sforzarsi di . proceder~ uniti, essi che col numero potevano supplire alla debolezza 112 Bibiiotecaginobianco
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