Nord e Sud - anno XI - n. 56 - agosto 1964

Recensioni zione unifamiliare, pur conservando il va11taggio dell'adozione dei servizi comuni: « viene così anticipato, con singo1are precisione, il ragionamento eh.e sta alla base dell'unité d'habitatiori di Le Corbusier (pag. 96) ». Il socialismo utopistico francese trova, tuttavia, la sua morte politica subito dopo gli inizi dei moti rivoluzionari del 1848, proprio nel momento in cui sembrava dovesse assumere un ruolo di guida: con Marx ed Engels il movimento operaio assume quella struttura ideologica e politica che liqui-. derà le vecchie correnti socialiste. Così, osserva il Benevolo, « si completa il distacco tra l'esperienza urbanistica e la sinistra politica europea », e si lascia strada libera a quell'indirizzo tecnocratico, autoritario e magniloquente i cui risultati furono i grandi interventi di Haussmann a Parigi, di Anspach a Bruxelles, gli ampliamenti di Londra, Vienna, Barcello 1 na e Firenze. A ·questo ristagno tecnocratico dell'ur·banistica (cui faceva da sfondo l'Europa autoritaria e militarista di Napoleone III e di Bismark), Marx ed Engels non prospettano soluzioni in alternativa: il problema urbanistico, ai loro occhi, è soltanto un trascurabile aspetto di quel complesso politicosociale che essi intendo-no trasformare alla radice. Infatti, lo stesso Engels scrive nel '72: « Voler risolvere la questione delle abitazioni e nello stesso tempo voler conservare gli odierni grandi agglomerati urbani è un contro~ senso. Ma gli odierni grandi agglomerati urbani saranno eliminati soltanto dall'abolizione del modo capitalistico di produzione» (F. Engels, La questione delle abitazioni, trad. it., Roma 1950, pag. 71). Questa pregiudiziale ideologica è tale che Marx non solo rifiuta le esperienze socialiste fino ad Owen, ma non accetta neanche il dibattito su questi temi. Così « Engels preferisce considerare il futuro assetto urbanistico come una semplice conseguenza della rivoluzione economica a cui deve tendere il movimento operaio, e assorbire la questione delle abitazioni, senza residui, nella questione sociale » (pag. 194). Il Benevolo individua quindi nell'atteggiamento della critica marxista la causa prima della paralisi tecnocratica dell'urbanistica ottocentesca. Ma il suo discorso va portato più oltre. Il problema, difatti, non è di esprimere un giudizio sul rifiuto di Marx e di Engels a dare un contributo tecnicamente operativo allo sviluppo dell'urbanistica moderna: è evidente che, se i due filosofi tedeschi fossero scesi al livello del pratico operare, sarebbero con ogni probabilità scivolati sul piano delle iniziative concrete, e magari frammentarie: la loro coerenza ne sarebbe stata intaccata e la loro azion~ non avrebbe avuto quel peso politico e storico che ha, in effetti, avuto. Il pro·blema, a parer nostro, è un altro: essendo ormai chiaro che il termine « t1rbanistica » è un corollario di ben poco peso nella complessa problematica concepita da Marx, si tratta di chiarire quali siano state le conseguenze di un simile atteggiamento - comune, in parte, a tutta .la cultura ottocentesca - nel ritardare l'evoluzione, in senso mo1 derno, dell'urbanistica. E sarebbe anche interessante accertare in quale misura una posizione del genere sia condivisa, oggi ancora, dalla cultura (n1arxista e non marxista) più direttamente impegnata sul piano politico. CESARE DE' SETA 105 Bibliotecaginobianco

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