Nord e Sud - anno XI - n. 54 - giugno 1964

• L'unificazione delle sinistre democristiane cratica, il quale, peraltro, non suggerisce alle 11uove forze giovanili - in un momento confuso di dialettica interna - indicazioni di netta alternativa alla maggioranza di Firenze. Anche in termini ideologico-politici Fanfani sembra vedere, ancora alla vigilia di Tan1broni, la svolta nella situazione italiana come « sfondamento elettorale a sinistra», senza, cioè, portare in primo piano il problema sul quale si operava, realmente, nella DC una divisione· tra sinistra e destra: quello dell'apertura politica al PSI. C'è ancora, come abbiamo già visto, il residuo integralista di Fanfani che lo porta a valutare i problemi, e le scadenze politiche del paese, solo in funzione di quelli interni alla DC e a trascurare l'importanza, per un reale mutamento politico, dell'adesione da parte di nuovi partiti alle istituzioni e alle regole dello Stato democratico. La presa di Fanfani sui giovani democristiani viene, dunque, lentamente, meno; ed infatti il Congresso che sancisce il cambio della guardia (Merano 1960) si svolge all'insegna di una polemica contro fanfaniani e dorotei, contro, cioè, la cristallizzazione di una dialettica giudicata ormai in ritardo sui problemi del partito e del paese. Non è estraneo a questo atteggiamento della nuova leadership giovanile, anche il sospetto - che abbiamo già visto presente tra basisti e sindacalisti - che Fanfani miri, in sostanza, a ricostituire un accordo con i dorotei. Nel Congresso di Napoli i Gruppi giovanili scoprono Moro e si riconoscono indubbiamente nella vasta trama storica e ideologica, nella dignità culturale, nella tensione verso nuove e più ambiziose mète, presenti nel suo discorso. La diffidenza rimane verso il « giolittismo » del Segretario democristiano, verso la sua pratica e il suo esercizio del pptere: « Moro - si afferma all'ultimo congresso del movimento giovanile (Perugia 1962) - non può fidarsi dell'attuale partito. Se sopravvive questa struttura, la DC rimane uno strumento molto difficile da dirigere e da orientare ». Questo motivo - intrecciato con l'altro, del centrosinistra come « punto di partenza » per la trasformazione della società nazionale - sembra oggi costituire l'apporto pect1liare dei gruppi giovanili alle tesi della nuova sinistra. La critica al partito - sfrondata dell'incerto linguaggio giovanilistico - si presenta molto semplice: proprio nella sua fase storica di maggiore apertura, di più avanzata sperimentazione po,litica, la Democrazia Cristiana deve registrare u11a perdita di contatti con le energie dinamiche, con i ceti tecnici e intellettuali, con gli strati socialmente promossi: « noi non sappiamo - è stato gridato dalla tribuna del Convegno di Faenza - in nome di cosa chiedere ai giovani di iscriversi alla Democrazia Cristiana. La nostra presa sugli universitari e sugli operai è minima. Ci supera, su questo terreno, anche il ..PSIUP ». Perché 85 Biblioteca Gino Bianco

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