Nord e Sud - anno XI - n. 54 - giugno 1964

Note della Redazione della sua funzione presso il pubblico, e quindi anche dei suoi servizi pubblicitari. A proposito dei quali, la nostra opinione potrebbe anche non essere lontana da quella sostenuta da Montanelli. E: tuttavia siamo decisamente contrari a tutti coloro che, per trarre da una discussione del genere vantaggi aziendali o, comunque, particolaristici, giocano, presso un'opinione pubblica, purtroppo ancora sensibile a temi e slogans deteriori, la carta delle facili ed irresponsabili suggestioni qualunquistiche. · La SADE, l'acciaio e il Mezzogiorno Nell'ultimo numero di « Nord e Sud» (maggio) abbiamo dedicato una nota della redazione alla questione della localizzazione degli investimenti nel Mezzogiorno dei fondi di indennizzo spettanti alle società ex elettriche. Ci premeva ricordare e sottolineare la proposizione che in merito, a questo problema si legge nel « rapporto-Saraceno »: il Mezzogiorno « sarebbe colpito una volta di più » ove prevalesse il criterio (che taluni ambienti politici ed economici cercano di far prevalere) di investire i fondi di indennizzo nelle stesse regioni, e magari nelle stesse provincie, dove sono ubicati gli impianti che costituiscono l'oggetto dell'indennizzo. Si è tenuta nel frattempo l'assemblea degli azionisti della SADE e « il consiglio di amministrazione ha riferito sui futuri programmi della società annunziando come, fra le varie iniziative poste allo studio, vi sia quella riguardante la creazione di un nuovo centro siderurgico a ciclo integrale in una zona adatta del litorale veneto » ( cfr. la pagina economica del « Corriere della Sera » del 5 maggio). Ora la « zona adatta del litorale veneto » sarebbe secondo alcuni Porto Marghera, secondo altri il Polesine. Nel caso fosse prescelta come « zona adatta » quella di Porto Marghera, per farne « il cardine della industrializzazione » sia della provincia di Venezia che dell'intera regione veneta, ci si dovrebbe confrontare con la difficoltà di reperire e attrezzare lo spazio necessario; e con quelle « derivanti dalla concentrazione in un'area ristretta di altre 40-50.000unità lavorative - (25.000 nella zona industriale e altrettante, per condizio11,e rifiessa, localizzate all'interno della provincia) - che si aggiungerebbero in 15-20 anni alle 35.000 presenti»: tutto questo per esplicita ammissione degli esperti di un Istituto regionale per lo 9Viluppo d'el Veneto (cfr. « Il Gazzettino » del 1 O maggio). Qualora invece f asse prescelta una zona del Polesine (dopo quello di Alessandria, il polo di Rovigo: se ne sente già parlare), le difficoltà di reperimento delle aree sarebbero molto minori, forse, ma cospicue, magari maggiori, resterebbero sempre le difficoltà per attrezzare queste aree; e quanto alla manodopera o la si dovrebbe reclutare con immigrazioni dal Mezzogiorno o la si dovrebbe reclutare localmente, sottraendola alle attività agricole, all'artigianato, alla diffusa piccola industria polesana (quella dei niobili, per es.). Nelfun caso come nell'altro, poi, vi sarebbero da accollare allo Stato forti spese per infrastrutture: forse 52 BibliotecaGino Bianco

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