\ Aldo M. Sandulli una società democratica, e anzi di ogni società civile, ha tuttavia, fin dalla sua prima sentenza (1/1956), fermato il principio che non esiste libertà senza limiti, che « il concetto di limite: è insìto nel concetto di diritto, e che nell'ambito dell'ordinamento, le varie sfere giuridiche devono di necessità limitarsi reciprocamente, perché possano coesistere nell'ordinata convivenza civile». Successivamente ha però precisato che « la potestà normativa di specificazione dei limiti e d~lle condizioni di esercizio di un diritto riconosciuto da una norma costituzionale ha come confine insuperabile la necessità che il diritto stesso non ne rimanga snaturato attraverso 1 una compressione o una riduzione del proprio ambito »: i poteri limitativi attribuiti da una legge all'esecutivo, nei confronti dei diritti garantiti dalla Costituzione, devono perciò dal legislatore esser « vincolati ad interessi generali non incornpatibili con il diritto garantito, ma attinenti alla medesima sfera o quanto meno a sfere pertinenti», e inoltre devono essere « puntualizzati, così da non lasciare un margine eccessivamente ampio alla discrezionalità» (sent. 36/1958). Di tale principio la Corte ha avuto occasione di fare numerose applicazioni. A prop(?sito della libertà personale - quella riguardante i tradizionali diritti di habeas corpus - ha osservato che essa« non si presenta come illimitato potere di disposizione della persona fisica, bensì come diritto a che l'opposto potere di coazione personale, di cui lo Stato è titolare, non sia esercitato se non in determinate circostanze e col rispetto di talune forme» (sent. 11/1956); e ha inoltre proclamato, con riguardo all'art. 13 Cost., che « in nessun caso l'uomo potrà essere privato o limitato nella sua libertà se questa privazione o restrizione non risulti astrattamente prevista dalla legge, se un regolare giudizio non sia a tal fine instaurato, se non vi sia provvedimento dell'autorità giudiziaria che ne dia le ragioni» (sent. cit.). Conseguentemente ha dichiarato illegittime le norme del t.u. di pubblica sicurezza relative all'ammonizione, pel fatto .che codesta misura restrittiva della libertà personale era rimessa alla competenza di organi amministrativi (sent. cit.). Sul presupposto di tale pronuncia della Corte il Parlamento (con I. 1423/1956) provvide poi ad eliminare dall'ordinamento altresì l'istituto del _con.finodi polizia, allora regolato in modo analogo, e pel quale pure era stato promosso - senza peraltro giungere a definizio-ne - un giudizio di legittimità costituzionale (v. sent. 43/1957). Per la medesima ragione la Corte ebbe a dichiarare l'illegittimità della traduzione al luogo di residenza, disposta, ai sensi dell'art. 157 t.u. di p.s., dall'autorità di polizia, delle persone pericolose obbligate a rimpatriare al detto luogo (sent. 2/1956 e 10/1956), nonché della tradu32 Biblioteca Gino Bianco
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