Nord e Sud - anno XI - n. 54 - giugno 1964

• Vittorio de Caprariis in avvenire. Pure, dobbiamo evitare di ingannare noi stessi: e per questo appunto non dobbiamo dimenticare che le premesse della grande spinta economica in Francia erano già poste propriQ nel momento che parve agli osservatori quello della maggiore stagnazione, ossia nel 1953-54, che analogo giudizio va espresso per la ripresa dell'economia italiana e che finalmente nel 1956, al tempo dei trattati di Roma, il miracolo economico tedesco· era un fatto già scontato. Come non dobbiamo dimenticare che il livello d'integrazione econo·mica attuale non appare tale da provocare la rovina automatica di quel paese il quale, per non sottopo.rsi a nuovi impegni sulla strada dell'europeismo, facesse secessio,ne dalla Comunità. E finalmente non va trascurata la considerazione che la fase di alta congiuntura ha subìto in Europa una battuta d'arresto· sulla cui durata sarebbe azzardato fare previsio11i: gli europei, che si vantavano, ormai e fo,rse con troppa leggerezza, di do.vere, essi, aiutare gli americani, si ritrovano oggi in difficoltà, senza neppure avere fatto quella rivoluzione dell'automazione che gli Stati Uniti hanno in gran parte già co1 mpiuta, e sono largamente superati dagli Stati Uniti medesimi, i quali, pur partendo da livelli notevolmente più alti, hanno potuto registrare nell'ultimo anno un ritmo· di incremento superiore a quello dell'Europa. Tutto ciò pone in essere una situazione psicologica assai pericolosa; perché gli avversari, poniamo, francesi dell'europeismo sanno benissimo che no•n tutta la fortuna eco-nomica del loro• paese dipende dal MEC; sanno altrettanto bene che la Francia non sarà ro·vinata uscendo dal MEC stesso; e sanno finalmente - ed è questo· a nostro avviso il punto decisivo - che non sarà facile mobilitare contro di loro l'opinio,ne pubblica. In una fase di alta congiuntura si poteva ben legare al palo chi avesse voluto attentare alla Comunità Economica Europea come nemico giurato• della prosperità del paese e promotore della sua rovina; in fase di bassa congiuntura, quando le tentazioni autarchiche tendono a rafforzarsi a tutti i livelli dell'attività economica, operare una simile mobilitazione dell'opinione diventa eno,rmemente più difficile, per non dire impossibile. E lo sa bene il generale De Gaulle, il quale non ha mai minacciato di rompere il MEC nel 1958, o nel 1960, ma l'ha minacciato esplicitamente nel 1963! Ecco, perché il puntare sullo sviluppo della CEE, coi;ne sul punto su cui fare leva per forzare la situazione comporta anche un rischio: gli europeisti democratici potrebbero urtarsi al risoluto rifiuto della Francia, e tro·varsi senza alternative, come accadd~ già nel ·gennaio 1963. Avrebbero il coraggio di procedere a cinque, senza la Francia? E sarebbe saggio il farlo? O non si screditerebbe inesorabilmente la causa della costruzione europea, seppellendola sotto l'assurdo di un'integrazione che si realizza perdendo uno dei suoi principali 22 BibliotecaGino • 1anco

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