Nord e Sud - anno XI - n. 54 - giugno 1964

Rilancio dell'Europa e forza multilaterale piamo benissimo che quest'idea è tutt'altro che cervellotica, poiché l'Europa, come s'è appena detto, è attualmente un pasticcio; ed è più che ragionevole che i dirigenti degli Stati Uniti se ne fidino solo fino ad un certo segno, e comunque non fino al punto da mettere nelle mani di italiani, tedeschi e francesi la possibilità di scatenare una guerra nucleare. Ma anche se si ammette la ragionevolezza di quel proposito di Washington, una tale ammissione non elimina il proposito stesso. E dunque siamo ricondotti al problema di una costruzione politica europea unitaria come alla questione pregiudiziale ad ogni progetto di revisione politica della NATO; che è, poi, quello che ammette lo stesso Spinelli allorché scrive che « il partnership atlantico presuppone l'unità europea ». Il problema politico di fondo è, dunque, quello della costruzione europea, di ciò che bisogna fare per uscire dal binario morto sul quale siamo fermi da almeno un paio di anni. E qui la discussione co11Spinelli diventa più fitta. Siamo d'accordo con lo Spinelli di oggi contro lo Spinelli di alcuni anni or sono, che il cosiddetto massimalismo federalista non condt1ce, da solo, molto lontano, anche se siamo- convinti che anche questo tipo di agitazione può portare i suoi frutti ed è utile che si faccia. Anni fa, quando Spinelli radicaleggiava e si mostrava scettico sui risultati ultimi dei tentativi di Monnet e sulla fiducia che questi aveva nella progettata Comunità Economica Et1ropea, lo stesso Monnet diceva saggiamente agli amici che per l'Europa erano necessarii tutti e dunque non solo lui, Monnet, coi suoi comitati e le sue pressioni per quella cl1~ sarebbe stata la CEE, ma anche Spinelli, con la sua azione più radicale. E ciò che Monnet diceva allora è esatto ancora oggi. Ma una volta che si sia ricondotto entro i suoi giusti limiti il 1nassimalismo federalistico, resta da individuare la strada che è necessario imboccare. Spinelli crede che il punto su cui bisogna appoggiare la leva per forzare la situazione sia pur sempre quello della Comunità Economica. Egli è d'accordo nel rifiutare l'impostazione deterministica di quanti ritengono che l'economia sarà il motore che porterà all'integrazione politica, e rileva giustamente che ogni rafforzamento dell'integrazione economica stessa non sarà mai frutto di un puro automatismo, ma conseguenza di una decisione politica e dunque dell'esercizio di una volontà politica; ma rifiuta anche l'atteggiamento di quanti, per anti-gollismo, vorrebbero mettere in frigorifero le istituzioni europee, e ritiene che il solo modo di contrastare il gollismo sia quello del potenziamento della costruzione europeistica muovendo appunto dalle co~unità esistenti. Lungi da noi l'idea di negare l'importanza che hanno avuto in passato le istituzio,ni economiche europee attualmente esistenti, di dubitare del ruolo, o di esprimere riserve sul ruolo ancora più importante che potranno avere 21 Biblioteca Gino Bianco

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