Nord e Sud - anno XI - n. 54 - giugno 1964

K. A. Jelenski autentico pro,gramma rivoluzionario e li abbia avvicinati a un punto di vista socialdemocratico, più disincantato e anti-i.deo1 logico. 3. Il mito letterario. A partire dall'ottobre 1956, la letteratura polacca torna ad essere libera. Alla rivoluzione politica si accompagna, però, il subentrare di una nuova generazione. I temi trattati dagli scrittori di età matura, che emergono dall'incubo staliniano, sono ben diversi da quelli trattati dai giovani. Per gli anziani, lo stalinismo è un cadavere ingombrante; si potrebbe dire che le loro opere siano delle varianti di Comment s'en débarrasser di Ionesco. Quanto ai giovani, la loro situazione è completamente diversa. Sono entrati nella vita in una società democratizzata, dove le differenze tra le classi sociali non esistono più. Quand'anche essi siano di origine bo,rghese, ciò non determina in loro né nostalgia, né senso di colpa. Hanno cessato di credere alla continuità storica e culturale. Istintivamente, sono convinti che Valéry aveva ragione, quando parlava di « civiltà mortali ». La società di anteguerra appare loro mitica quanto ingiusta: come abbiamo visto, i giovani non mettono in questione le basi economiche del socialismo. I valori ai quali si rifacevano i loro genitori sono dunque, ai loro occhi, definitivamente compromessi. Ma non meno compromessi sono i loro fratelli maggiori, gli « adulti », gli scrittori che servirono lo stalinismo: col pretesto di distruggere i valori falsi e le tradizioni sbagliate, quegli scrittori si resero complici di veri e propri delitti, e, nel 1956, i giovani li videro alle prese con quel cadavere abietto, intenti a fare la propria autocritica. I giovani dovettero dunque regolare i conti con due generazioni: quella dei genitori reazionari e quella degli adulti staliniani. La loro reazione fu semplice ed immediata (e se ne possono trovare paralleli nelle società occidentali): essi si rinchiusero nella loro cerchia, tra « giovani », denunciando la menzogna in cui gli adulti si erano sprofondati. Il solo denominatore comune tra gli scrittori polacchi della generazione che nel 1956ha vent'anni, è il seguente: tutti affermano la propria « alterità », tutti sembrano dire: « noi siamo altri, non abbiamo niente in comune con gli adulti ». I giovani scrittori polacchi sono convinti che questa « alterità » non debba essere interpretata o giustificata: la • loro generazione, essi credono, è totalmente diversa da quelle che l'hanno pr~ceduta. Il migliore tra i giovani critici letterari polacchi, Jan Blonski, definisce così i suo,i coetanei: « Essi sono estraniati dalle abitudini e dalle tradizioni morali della borghesia, non meno che dalle concezioni e dalle azioni praticb.e degli ideologi marxisti. Si distinguono, nel126 Biblioteca Gino Bianco •

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==