Nord e Sud - anno XI - n. 54 - giugno 1964

Recensioni zione, nel senso di un lavoro di ermeneutica filologica; secondo, se lo studioso intenda aprire, con il filosofo co11 cui si incontra, un colloquio che possa dare origine ad un movimento incidente sullo sviluppo del pensiero filosofico. È evidente che il primo caso, che può essere talvolta propedeutico al secondo, appartiene alla sfera dell'erudizione, ed apporta uno scarso contributo alla storia del pensiero, proprio perché, non instaurandosi alcun colloquio fra il filosofo e lo studioso interprete, nessuna spinta potrà venire fuori da un rapporto che, in ultima analisi, si risolve in una pedissequa ripetizione di tesi più o meno note. Pertanto un autentico contributo alla storia del pensiero può essere apportato soltanto ove il rapporto filosofointerprete si risolva in un superamento, col riproporre in termini nuovi le tesi prese in considerazione, con uno sviluppo, sia pure dall'interno, della problematica proposta dal filosofo con cui avviene l'incontro. Un volume privo di queste caratteristiche non è altro che un libro, di esegesi, o un commentario, che può anche essere utile in alcuni casi particolari, ove, ad esempio, si tratti di testi difficilmente reperibili, o che presentino eccezionali difficoltà di lettura: per cui un lavoro di carattere esclusivamente filologico può anche condurre a notevoli risultati, soprattutto in sede, diremmo, di restituzione di testi, o di riscoperta di alcuni aspetti meno noti o addirittura ignoti del pensiero di un autore. Ma pretendere che la riesposizione piatta ed uniforme del pensiero di un filosofo possa bastare per dissipare eventuali equivoci addensatisi attorno al suo pensiero 1 , ammesso sempre che di equivoci si tratti, è un metodo per lo meno strano, e quando non finisce col fare, come suol dirsi, oscura glossa a chiaro testo, lascia comunque le cose allo stesso punto di prima, dal momento che nessun contributo in sede critica viene così apportato all'autore di cui si va ragionando. Tutto ciò ci sembra così ovvio da non avere bisogno di ulteriori approfondimenti, eppure da varie parti ancora si ritiene legittima ed adeguata, per lo studio di un pensatore, una metodologia fondata esclusivamente sulla esposizione del suo pensiero, ponendosi di fronte a quest'ultimo in una posizione che pretende di essere « obiettiva» e quindi definitivamente chiarificatrice: è il caso di un recente volume di Mario Corsi sul Labriola (Antonio· Labriola e l'interpretazione della storia, Morano, Napoli 1963) col quale, come ci vien detto nel risvolto editoriale che presenta il volume, l'autore « ha voluto porre in risalto il significato del contributo culturale del Labriola, troppo spesso assimilato da parte degli studiosi italiani a tendenze ed interessi a lui estranei». Tale affermazione, che trova poi la sua convalida nelle pagine del Corsi, non può non lasciare ragionevolmente perplessi: a noi pare che la vitalità di ~n pensatore, la validità del suo pensiero filosofico, trovino invece la loro controprova proprio nella misura in cui esse vengono accettate da altre tendenze di. pensiero, quando gli interpreti si siano posti di fronte ad esso discorsivamente, quando insomma abbiano fatto, come si dice, i conti con lui, ·utilizzando positivamente o negativamente il suo pensiero per portare avanti la storia della filosofia, e non quando vengano collocate in una sorta di iperuranio ed ivi rimirate come verità eterne ed immutabili, come il Corsi sembra 105 Biblioteca Gino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==