Nord e Sud - anno XI - n. 54 - giugno 1964

Recensioni neppure la borghesia locale riuscisse in quel biennio ad esprimere una vera classe dirigente. L'istituto della Luogotenenza, prima che si decidesse la completa unificazione amministrativa, costituì la migliore delle occasioni perché il Mezzogiorno facesse valere nella nuova e più vasta compagine statale le p)roprie esigenze. Il libro di Scirocco si risolve, in ultima analisi, nella storia del fallimento di quell'occasione: dovuto all'incapacità della borghesia meridionale di porsi come classe effettivamente dirigente, innnanzi tutto, e poi agli errori dei governi luogotenenziali, alle pressioni del governo centrale, infine alla prematura soppressione della Luogotenenza stessa. I moderati meridionali ebbero notevole peso nella soluzione monarchicounitaria; ma poi fallirono « quando si trattò di dare un contenuto non soltanto etico-politico alla trasformazione avvenuta, di armonizzare gl'interessi esistenti con gl'interessi nuovi, di difendere gli ordinamenti meridionali degni di essere conservati, formulando un programma che affrontasse i concreti problemi dell'unificazione». Scirocco documenta il giudizio crociano, da lui esplicitamente citato, che assegna loro, sì, il merito di non aver accettato alcuna transazione coi Borboni dopo il 1848 e di aver aderito poi all'unità sotto Casa Savoia, ma considera questi gli unici atti di valore politico di un partito, che per il resto si mantenne sempre « ora superiore, ma astrattamente superiore, al paese nel quale gli toccava operare, ora estraneo e ignaro dei problemi reali di questo». Quanto agli autonomisti, essi non riuscirono neanche a formare un raggruppamento politico; e poi, per la loro natura, non potevano certo indicare « come inserire gli interessi del Mezzogiorno nel processo politico unitario». Anche Liborio Romano, per lungo tempo considerato un acuto conoscitore delle esigenze del paese, alla luce di una nuova e più probante documentazione appare solo un continuatore _della prassi di governo borbonica, paternalistica e grettamente immobilistica. La Sinistra, infine, mancò di un programma nzeridionale. Espressione, nel Mezzogiorno, della piccola borghesia provinciale, concepì la «rivoluzione» in un senso ristretto, che escludeva rivendicazioni di carattere sociale. Essa era già fallita col non saper proporre un piano organico di riforme durante la dittatura garibaldina; la stessa incapacità mostrò poi quando l'ultimo luogotenente, il Cialdini, preferì appoggiarsi ad essa per le esigenze della lotta contro il brigantaggio. « Per questa ragione - conclude l'autore - non ci sembra di poter dar rilievo alla pur giusta constatazione della mancanza di continuità tra le forze che hanno promosso l'unio11e e quelle che poi determinano l'indirizzo del governo: nel 1860-61 la Sinistra meridionale non è in grado di dare coerenza e direzione a forze politico-sociali ed è costretta a cedere l'iniziativa soprattutto perché nel momento favorevole si dimostra incapace di sfruttarla ». Gli stessi emigrati, nella lo,ro varia coloritura politica, partecipano comunque al fallimento della classe politica napoletana, pur parlando spesso un linguaggio ben più alto. Restano i vari luogotenenti. Essi, che si succedettero, l'uno all'altro in così breve tempo, portavano al governo atteggiamenti ed orientamenti 101 Biblioteca Gino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==