Nord e Sud - anno XI - n. 54 - giugno 1964

Nicola Pierri di interesse comune portare in ogni campo il Mezzogiorno al livello della civiltà europea: visio,ne che non si potrebbe neanche concepire senza tanti anni di vita unitaria nazionale. Per noi, dunque, riguardo al Mezzogiorno, il Risorgimento significa, pur con tutte le sue limitazioni, innanzi tutto un definitivo aggancio all'Europa. E questo appunto ci pare che volessero quanti meridionali dovettero alla fine imparare ad aver fiducia soltanto nella soluzione unitaria. Quanto al riscatto delle nostre plebi rurali, anche noi lo vogliamo, e certo non meno di nessun altro. Ma, a parte la scelta delle vie più idonee per ottenerlo, ci sembra comunque antistorico prestare concetti e programmi e termini d'oggi ad uomini e problemi di cento anni o,r sono. Con ciò, è ovvio che il Risorgin1ento non solo non poteva risolvere la questione del Mezzogiorno, ma nemmeno porsela: non diciamo nei termini attuali, ma neppure in quelli coi quali essa co,minciò a farsi luce alcuni decenni dopo l'Unità, quando fu chiaro che, per i modi in cui questa si era compiuta, gli stessi legittimi interessi meridionali dovevano necessariamente soccombere nel conflitto coi diversi e talora opposti interessi del Nord. Al piu ci si può dolere che nel momento della strutturazione del nuovo Stato unitario, quando cioè le cose stesse offrivano al Mezzogiorno l'occasione di far valere le proprie istanze, quell'opportunità non sia stata colta. Data l'indole del suo lavoro, Scirocco si sofferma essenzialmente su quest'ultimo punto, ma tutte le linee da noi sopra esposte ricevono dalle sue ricerche diretta o indiretta convalida. I Borboni appaiono a lui, come già a Giustino• Fortunato, « l'espressione non la causa» dei mali del Mezzogiorno; ma ciò nulla toglie né all'arretratezza né alla « debolezza della struttura non solo statale, ma anche sociale» del Reame. L'estremo esperimento costituzionale, lungi dal salvare il regno ai Borboni, mostrò in piena luce quanto il vecchio Stato fosse logoro, e in più determinò quell'anarchia amministrativa, che si volle poi atttribuire alla Dittatura e che comunque aggravò i problemi dei governi luogotenenziali (al tempo dei quali gli autonomisti difesero gli antichi istituti borbonici, ma giustamente Scirocco sottolinea la difficoltà di « distinguere il sistema politico-amministrativo ed i criteri di governo della dinastia»). L'autore dà anche la giusta parte al malcontento dei contadini, ma senza minimamente esagerarne la portata politica. E quando al brigantaggio, pur ribadendo con ampia documentazione, se non l'inesistenza, per lo meno l'inefficienza dei comitati borbonici, ed insistendo piuttosto sulle cause sociali, aggravate dagli errori nei riguardi degli sbandati, si guarda bene dal presentarlo come una consapevole rivolta delle plebi rurali. Del resto, se è vero che il malcontento dei contadini era stato acuito· dalla delusione seguita alle eccessive speranze concepite per l'impresa garibaldina, è anche vero che quelle speranze durante l'impresa stessa non avevano dato origine a nesst1na forza politica: il che è pur ovvio, data l'arretratezza spaventosa delle masse rurali. Semmai, desta più meraviglia il fatto che 100 BibliotecaGino Bianco

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