Nord e Sud - anno XI - n. 53 - maggio 1964

Lo spettatore libero film che Vitto,rio De Sica sta attualmente « girando » sarà Matrimonio all'italiana anziché Filitmena Marturano. Come osserva Morin, l'aspetto collettivistico è un altro elemento neo-arcaico dei mass media. « Le nuove arti della cultura industriale », egli scrive, « in un certo senso risuscitano l'antico collettivismo· del lavoro artistico, quello delle epopee a11onime, dei co,struttori di cattedrali, delle bottegl1e di pittori fino a Raffaello e a Rembrandt ». Ma v'è anche qualche cosa di più: « la divisione del lavoro·. clivenuto collettivo è un aspetto generale della razionalizzazione ricl1iesta dal sistema industriale, la quale inizia al mo·mento· della fabbricazio,ne dei prodotti, prosegue nei piani di produzione e di distribuzione, e termina negli studi del mercato· culturale» 14 • . Con ciò, non si vuole negare che la cultura di massa abbia dato luogo, nel suo, interno, alla formazione di stratificazioni diverse. Occorre peraltro precisare che la pluralità dei livelli culturali no11 tro,va una rigida corrispondenza nei vari livelli so~iali. Il pubblico di massa no·n è identificabile come gruppo sociale a sé stante (benché si convenga di individuarlo, co-n una certa approssimazione, nello strato salariale risultante dal co·nfluire del vecchio proletariato operaio, e dell'antica classe media). D'altra parte, la stessa cultura industriale contribuisce ad abbattere, co,me è stato rilevato·, le fro-ntiere di classe: sia col fornire valori di co,nsumo che sono press'a poco, sempre gli stessi, sia co11 l'escludere (per la sua stessa natura di comunicazio-ne essenzialmente .vi_siva) le limitazioni culturali e sociali pro,prie del dominio linguistico. Non di classe media bisogna dunque parlare, quando ci si riferisce al pubblico di massa, bensì di «umanità» media: o, se si vuole, livellata. -Quantunque il livellamento non escluda, come si è dett~, un processo di circolazio-ne interna fra i diversi strati culturali, ci tro·viamo pur sempre di fronte a quella che Sartre definisce la « unificazione » del pubblico, e Poggioli - forse più esattamente - la « confusione »; un fenomeno che, comunque lo· si voglia chiamare, finisce col diventare il punto di riferimento, costante per i promotori dei mass media ( e quindi, in primo lu·ogo, del cinema e della televisione). Orbene, la prima do:manda da rivolgersi è questa: può, un pubblico così configurato, non diciamo gradire, ma anche semplicemente accettare, la comunicazione teatrale? Non intendiamo accennare soltanto alle difficoltà insite nello stesso mezzo espressivo del teatro: ossia allo sforzo che esige la comprensione di un !Ilessaggio di natura es~enzialmente verbale. Non essendo un'industria, .il teatro esprime un mondo fondato su valori d~versi, se no,n addirittura contrastanti con l'etica 14 MORIN, op. cit., pp. 23-24. Bibliotecagino~ianco

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