Nord e Sud - anno XI - n. 53 - maggio 1964

Rosellina Balbi co-produzio·ne), facendo ricorso, precisamente, a temi antropolo·gici: ossia a quel « fondo mentale univ.ersale, che è_ in p~rte l'uomo arcaico che ciascuno- po·rta dentro di sé » 10 • · Qui non è più questio-ne solta11to di mezzo espressivo, dunque, bensì anche di contenuti. Non è no,stro intendimento entrare nel vivo della polemica sui mass media: polemica che, co-me sostiene giustamente Umberto Eco, è molto spesso male impostata (in quanto il giudizio viene esercitato in riferimento· a un modello umano che oggi, sia per effetto degli stessi mass media, sia a causa dei fenomeni che ne hanno reso possibile l'avvento·, non esiste più). Tuttavia, no-n si p1.1ònon prendere coscienza del fatto• che le comunicazioni di massa sono o-ggi concentrate nelle mani di grùppi economici (nel qual caso· esse assumono il carattere di veri e propri prodotti commerciali), oppure di gruppi politici (e diventano, allo,ra, semplici strumenti di propaganda): in entrambi i casi, comunque, i valori di co,nsumo sono press'a poco gli stessi. Uno tra i più significativi, è il « lieto fine »: la cui .pressione è tanto forte, « da giungere persino a mutare il finale della trama dei romanzi, che pure il rispetto, feticistico dell'opera d'arte dovrebbe proteggere. Naturalmente, non si ha il coraggio, di modificare la trama di opere grandi del passato,· quali Anna Karenina o I Fratelli Kara-· mazov (per quanto- le ultime immagini del film di Richard Brooks sottolineino fortemente la speranza di evasione di Mitia e Grùscenka), ma si modifica l'"epilo,go, di romanzi c·o-ntemporanei, pur co-nsacrati dal successo, come Il Ponte sul fiume Kwai" di Pierre Boulle, I Giovani Leoni di Irwin Shaw, Una Diga sul Pacifico di Marguerite Duras » 11 • La messa al bando· dell'infelicità: ecco una delle principali carat-· teristiche, dunque, del mondo che il cinema ci presenta. Parlando di cinema ci riferiamo, naturalmente, al grosso della produzione: le opere culturalmente più vive (quelle che no,n temono di affrontare i temi dell'inquietudine e della sofferenza) non ne costituiscono altro che una frangia. Saremmo tentati di dire che tra l'una e l'altra specie di filn1 esiste la stessa differenza che Pirandello·, per bocca di un suo personaggio, ravvisa tra le proprie commedie e quelle degli altri: assistendo alle prime, lo spettatore è costretto a partecipare, a lacerare la propria coscienza; mentre un teatro che rinunci ad essere, anche e sopratutto, ricercrr del vero, è soltanto una buo,na occasione per abbandonarsi comodamente nella propria poltrona. ·F: tuttavia, da molti si giudicherebbe azzardato un simile paragone. È stato osservato,, difatti, che il cinema - anche quello più impegnato 2() 10 MORIN, op. cit., pag. 60. 11 MORIN,. op. cit., pp. 90-91. Bibliotecaginobianco .,-

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