Lo spettatore libero prodotti di questa, infatti, non si presentano co,n1e esseri vivi, per poi tacere maestosamente quando li si interroga? Lo stesso accade coi discorsi scritti: si crede che ciò che· dicono, essi lo pensino; ma se, al fine d'istruirsi, li si interroga su un punto particolare di ciò che dicono, dànno una risposta sola, sempre la stessa ». Nel riportare questo, passo del Fedro, Nicola Chiaromonte osserva che esso è rimasto incomprensibile per ventiquattro, secoli, e· che soltanto oggi, « quando l'immagine e la successione di immagini si sostituiscono sempre di più -al discorso coerente, sia parlato, che scritto » 2 , il suo significato torna ad essere chiaro. Anche Umberto Eco cita ìl brano di Platone, sia pure con intendimenti diversi; egli vuole infatti « ricordarci come ogni modificazio-ne degli strumenti culturali, nella storia dell'umanità, si presenti come una profonda ·messa in crisi del ' modello culturale ' precedente, e non manifesti la sua reale portata se non si considera che i nuovi strumenti agiranno 11el contesto di una umanità profondamente modificata, sia dalle cause che hanno provocato l'apparire di quegli strumenti, che dall'uso· degli strumenti stessi » 3 • In effetti - e qui Chiaromonte ed Eco concordano - noi abbiamo eJaborato una coscienza_ largamente positiva del discorso scritto: il quale non è altro, in fo-ndo, che parola comunicata attraverso la vista anziché attraverso l'udito, e capace pur sempre di istituire un rapporto razionale tra gli uomini (senza dire che « la rapida crescita del repertorio di ' cose ' da sapere e da ricordare ha reso improbabile l'utilità della memoria come unico strumento di sapienza» 4 ). Oggi, peraltro, da ascoltatori che erano (e non soltanto. mediante l'udito, ma anche, come si è detto, mediante la vista), gli uomini sono divenuti essenzialmente spettatori. Siamo dunque tornati a servirci di uno strumento• cultt1rale arcaico, se pur raffinato dalla -tecnica moderna? . . La superiorità dell'immagine sulla parola, o,sserva Jean Bloch-Michel, sta in questo: che l'immagine ha un potere di suggestione, mentre la parola richiede di essere compresa. « Quando ci sediamo, al tavolo per leggere, possiamo astrarci da tutto quel che ci circonda, ma ciò richiede un atto di volontà al principio e uno sforzo in seguito. Riuscita questa prima o·perazione, non c'è lettura, per quanto semplice, che non richieda uno· sforzo di comprensione, tanto· più grande quanto me110 siamo abituati a leggere; comunque, dovremo impedire all'attenzione di disperdersi. Al cinema, invece, occorre soltanto la volontà iniziale, 2 NICOLA CHIAROMONTE, Parola e convinzione, « Il· Mondo», 22 maggio 1962. 3 UMBERTO Eco, Cultura di massa ed evoluzione della cultura, in « De Homine » Ed. Sansoni, 1963, pp. 288-289. ' 4 Ibid, pag. 288. 17 Bibliotecaginobianco
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