Nord e Sud - anno XI - n. 51 - marzo 1964

Cronache e Memorie del Congresso di Bari e l'opera svolta da Arangio-Ruiz - allora vicepresidente del Partito Liberale - per superare la diffidenza e non di rado l'ostilità dell'A.M.G.), quel suo guardare dritto in faccia all'interlocutore e sorridere o fremere, il suo gusto per l'ironia e insieme la sicurezza scevra da quel fanatismo che pure talvolta sembrava caratterizzare e limitare l'azione di altri suoi colleghi del C.L.N.; tutto questo più che i suoi scritti (ma che allo,ra neanche conoscevamo) valsero a creare quella corrente di istintiva simpatia per il militante, alla quale soltanto più tardi si sarebbe aggiunta l'ammirazione per lo storico, la gratitudine per il Maestro che attraverso le dottrine, i discorsi, le sue geniali ricerche avrebbe contribuito a svelarci e a farci amare lo spirito del mondo classico nella sua vivente realtà, nell'equilibrio mirabile e nella saggezza delle sue intuizioni giuridiche. Ora, a leggere i suoi scritti politici raccolti in un esile quaderno e stampati a Napoli nel 1946, un altro aspetto della complessa ma sempre lineare perso-nalità del Maestro si puntualizza, si arricchisce di dati, si completa ma non si esaurisce, ché sempre per Arangio-Ruiz la n1ilizia politica si è identificata nel quotidiano operare: nello studio come negli affetti, nella scuola come nei tanti enti, istituti, accademie che di volta in volta ha diretto o addirittura creato. La silloge copre un arco di tempo che va da 1924-25, e cioè dall'assassinio di Matteotti sino al 1945, quando al termine di un intensissimo biennio di azione politica egli tornò agli studi e all'insegnamento. Sono scritti tutti assai brevi, nati sulla misura del « fondo », se non addirittura del « corsivo ». Pubblicati su Il Mondo di Giovanni Amendola o su Il Saggiatore, un quindicinale vissuto- per breve tempo a Napoli fra le persecuzioni della polizia fascista, e sempre tra la fine del 1924 e i primi. mesi del · 1925, il primo gruppo di scritti è tutto dominato da una critica corrosiva al Regime allora già onnipotente e minaccioso. Ma con il precipitare degli avvenimenti, e di pari passo- all'incalzare della dittatura, alla soppressione della libertà costituzionale e degli istituti parlamentari, la sua prosa si fa inquieta, all'humor subentra un'aperta: inquietudine e la coscienza che la follia dei p_ochi è riuscita a prevalere e ad imporsi: « Già molte volte gli uomini di lotta e di peccato hanno so-gnato ... lo s~esso sogno che sorride alle fanciulle che non conobbero l'amore: l'alto silenzio del chiostro e l'incedere lento fi;a bocche sigillate. Oggi che gli uomini a cui tale sogno• si presenta sono troppi, e troppo grandi, per essere contenuti nel recinto ·di u11 chiostro, è necessario che tutta la nazione accetti la regola e che la cerchia delle Alpi sia vigilata non più dagli agenti del fisco, ma da grandi cartelli portanti. la scritta silentium ». 95 Bibliotecaginobianco

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