Nord e Sud - anno XI - n. 51 - marzo 1964

Note della Redazione I chiostri accademici Sempre in tema di cultura e di masse, può essere opportuno spendere qualche parola sul problema,. sollevato spesso in queste ultime settimane, dei rapporti tra cultura accademica e attività divulgativa. Parlando sul « Giorno» della Storia della guerra civile spagnola di Hugh Thomas, pubblicata da Einaudi, Umberto Segre f.aceva notare che gli storici· italiani trascurano troppo l'età contemporanea, trascurano troppo la trattazione dei grandi temi di storia politica e culturale del nostro tempo, che pure sono quelli ai quali la sensibilità e la curiosità del pubblico sono particolarmente rivolte, come appunto il successo del libro del Thomas e gli altri analoghi di libri stranieri di storia contemporariea recentemente tradotti e pubblicati in Italia. Non ci sembra, tuttavia, che Segre sia nel giusto. Lungi dall'essere trascurata, la storia contemporanea (se in essa si comprende, come è naturale, almeno quella della seconda nzetà del secolo scorso) si può ben definire la più coltivata, la preferita dagli storici italiani tra tutte le altre branche del loro settore. A misura che si indietreggia nel tenipo, il numero dei cultori professionali di studi storici va diminuendo. Per alcuni aspetti della storia medievale e di quella del mondo classico, esso va anzi giudicato del tutto insufficiente rispetto alle esigenze della ricerca scientifica moderna e non commisurato alle grandi tradizioni di studio che in materia sono spesso fiorite in italia. Non è qui, dunque, il clou della questione. E dove lo si deve, dunque, cercare? A nostro avviso, proprio nel rapporto tra cultura accademica e attività di divulgazione. È qiti che la storiografia italiana sull'età contemporanea è pressocché assente e rivela una situazione di crisi culturale e civile sulle quale sarebbe bene meditare. Accade, in sostanza, che l'attività scientifica di ricerca, di erudizione, di sistemazione, di impostazione viene ritenuta la sola degna, la sola che veramente competa allo studioso. Il grosso volume, pie1io zeppo di note e di dotti excursus e regolarn1ente dotato di copiosa appendice documentaria, oppure il ristretto saggio, altrettanto zeppo di note, ma ancor più ristretto e tecnicamente raffinato nella trattazione del tema, sono le due grandi, uniche mete dello storico italiano. Si tratta di pubblicazioni alle quali si debbono riconoscere, beninteso, non di rado, alti titoli di qualificazione tecnica e scientifica e una calda ispirazione etico-culturale, se non. proprio etico-politica. E si tratta - è bene aggiungere - di pubblicazioni senza delle quali non si potrebbe neppure parlare, per l'Italia, di una moderna storiografia scientifica. Che esse prosperino e siano, anzi, opportunamente incrementate, specie in alcuni settori, è perciò perfettamente comprensibile ed auspicabile e non può costituire materia di alcuna discussione. . Quel che è, invece, discutibile (sempre a nostro avviso) è la segregazione in questo tipo di attività, cui gli storici italiani, tranne eccezioni sempre più rare, amano confinarsi. Ogni altro tipo di attività viene giudicato volgare compilazione, che non solo non può essere oggetto di considerazione scientifica, anche se per avventura vi si ritrovi un 1nodo originale e vivace dì 65 '.'\ Bibliotecaginobianco / •

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