Nord e Sud - anno XI - n. 51 - marzo 1964

Marco Cesarini Sforza altro e più sconcio modo. Appare_ di lontano quasi come una enorme, altissima muraglia cinese, un gig~ntesco baluardo di palazzi e grattacieli, ~ dipinti coi colori più inverosimili, bucherellati di finestre come fette di gruviera, apparentemente - da quella distanza - non offrenti neppt1re varchi o aperture che permettano di penetrare all'interno. Roma è tornata ad essere una « città murata». La circonda una cintura di cemento armato e di bruttezza, che sempre più si ispessisc_e e sembra ormai averla definitivamente tagliata fuori da ogni rapporto umano, tra città e campagna, tra edificazioni e paesaggio circ~stante (pare, del resto, che a questa cintura si debbano persino- le variazioni notate nel clima cittadino nell'ultimo_ ventennio, come, la scomparsa del celebre « ponentino » e la minor forza della tramontana). Sono questi i nuovi quartieri, dai Prati Fiscali all'Aniene, a San Basilio, al Tiburtino e al Prenestino, fino ad oltre il Quadraro e Cinecittà, poi all'Appio Esterno e di qui alla. Cristoforo Colombo, la Garbatella, l'Ostiense, e ancora Mo,nteverde Nuovo, l'Aurelio, la Pineta Saccl1etti collegantesi co11la colata di cemento sulle due pendici di Monte Mario: il cerchio si chiude, infine, con i nuovi insediament1 sulla Cassia, la Flaminia e la Salaria. In questa nuova città vive almeno un milione di cittadini romani. Al suo i11t~rno troviamo strade strette, non ancora tracciate e già incapaci di sostenere il traffico automobilisti_co che vi si determina. Manca -di ogni struttura umana e sociale: no-n parcl1i, non giardini, non verde pubblico o privato, non campi sportivi. È già molto se i progettatori hanno lasciato un'area libera per edificarvi la chiesa parrocchiale. È questa la più brutta periferia del mondo. Ma quasi la metà della Roma _vera, adesso, è fatta così, ed è di questa Roma che orn1ai occorre parlare. - . C'è anche dell'altro. Tra le estreme propaggini dei palazzoni periferici, negli spazi restati vuoti tra un nuovo insediamento e l'altro, si ramificano i quartieri di baracche. La piaga dei baraccati non è stata eliminata neppure al_centro. Esisto,no ancora circa 2.000 « profughi » a] Campo Buo.zzi di Viale Trastevere, alla Caserma Lamarmora, all'Istituto San Michele. Nel 1951 c'erano- a Roma 27.900 nuclei familiari che vivevano in << grotte, baracche, cantine, magazzini, negozi, locali scolastici e caserme, archi di mura e po-nti, carrozzoni ambulanti e altre abitazioni improprie », per un totale di 105.000 persone. Nel 1957 una rilevazione comunale trovò quasi 55.000 persone in « grotte, baraccl1e e accantonan1enti », escluse le borgate « fuori Piano regolatore », che al momento costituivano il grosso del fenomeno. Attualmente dovrebbero esserci tredici « borghetti » abusivi, con quasi 3.000 baracche e una popolazione certamente superiore alle 100.000 persone. 50 Bibliotecaginobianco

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