Giulio De Luca terno; ed i suoi abitanti finirebbero fatalmente per inserirsi in quelle correnti migratorie che avrebbero dovuto assorbire l'eccedenza della popolazione contadina delle due zone più povere~ Intendiamoci bene. Anche io ho qui affacciato un'ipotesi che mi sembra però estremamente plausibile e che, comunque, dovrebbe indurre i pianificatori di oggi e di domani ad una estrema cautela, perché è facile che un demiurgo si trasformi in un apprendista-stregone. A me pare che la natura ci venga incontro offrendoci infi11iti esempi che potrebbero esserci di aiuto se non fossimo accecati dal nostro orgoglio illimitato. Osserviamo un organismo vegetale, un albero, per esempio. Esso è un modello· di piano di sviluppo aperto, quale nessuna organizzazio11e umana potrebbe aspirare a realizzare con maggiore perfezione. L'albero che si sviluppa, allunga i suoi rami secondo direzioni determinate, che sono il risultato di continue scelte e di continue selezioni derivanti dalle condizioni ambientali. Esso, qualt1nque sia la direzione di sviluppo che sceglie, non può 1nai spezzare il contatto organico che lo lega al vecchio ceppo; esso non stacca i nuovi rami per lasciar morire il vecchio tronco, ma parte dal tronco per estendere il suo dominio dell'aria, con i rami e le foglie, e della terra, con le radici. Se seguissimo il suo esempio? È certo che fin quando i piani di sviluppo delle zone depresse sar_anno dominati da criteri speculativi, o settoriali, o ancl1e soltanto condizionati da una mentalità eco-nomica prima che sociale, di corta· veduta, non sarà possibile combattere in modo efficace gli ·squilibri esistenti tra zona e zona. Gli investimenti economicamente più vantaggiosi sono certo quelli che si attuano nelle zone già provviste di una certa ossatura, di certe infrastrutture, e nelle quali già è penetrata una mentalità industriale. È ancl1e probabile che le aziende che si andassero ad impiantare in zone prive di queste condizioni non potrebbero pro-durre a costi co·mpetitivi e si troverebbero perciò in condizioni di inferiorità rispetto alle altre. Ma quel che q1..1ici interessa affermare è che i piani, le infrastrutture, gli incentivi, i contributi concessi col denaro pubblico non hanno lo scopo di portate un grazioso do·no agli industriali o agli operatori economici, bensì quello sociale di promuovere il progresso di tutti, di raggiungere migliori condizioni di vita per tutti, e, rispetto al problema del Mezzogiorno, di ·cancellare una vergogna pazionale, che è però anche uno sperpero nazionale. Il Mezzo-giorno è un serbatoio potenziale di/ forze produttive ed è anche un grande mercato potenziale. Il Mezzogiorno può salvare perciò 44 Bibliotecaginobianco "
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