Nord e Sud - anno XI - n. 51 - marzo 1964

Renato Perrone Capano L' ingloriosa caduta Il ventesimo anniversario della fine del regime fascista ha dato occasione a numerosi scritti di indagine storica e critica. Fra questi si segnala il voluminoso saggio di Gianfranco Bianchi il quale, « con uno stile composito,. fra cronaca. e storia », come è detto nell' « avvertenza » premessa al testo, ha associato « la 11otizia contingente desunta dalla p-ubblicistica e il prob·atorio risultato di lunghe e tenaci ricerche d'archivio», nonché « le attestazioni orali o scritte dei superstiti protagonisti di molti dei fatti rievocati», realizzando in tal modo « una serie di dati in gran parte nuovi e di precisazioni dei particolari ~u molti punti i11 precedenza prospettati diversamente». Quest'opera (G. Bianchi, _25 luglio, crollo di un regime, Milano, U. Mursia e C.i editori, 1963, di p-agine 998) si divide in cinque parti. La prima parte (intitolata: « Nessuno si salva ») pone le premesse sulla , « dottrina » fascista della guerra e la « nazione guerriera », e sulla effettiva preparazione che di una cosiffatta nazione « per la guerra di do,mani » aveva curato il « duce» Mussoli11i: preparazione tecnica, militare ed economica, e preparazione politica e diplomatica. L'analisi delle contraddizioni fondamentali, .delle inefficienze e del totale fallimento della politica internazionale di Mussolini . è compiuta dallo studioso milanese con grande precisione. La parte seconda (intitolata: « Sfortunato valore») esamina la condotta bellica della suddetta « nazione guerriera », che nella guerra. era stata trascinata dal « duce», per realizzare il « nuovo ordine» del nazifascismo, che doveva essere l'ordine dei campi di sterminio, co,n la perorazione del discorso del 10 giugno 1940: « Popolo d'Italia, cor~i alle armi! », quando proprio le armi mancavano, e non sarebbero state ap·portate nemmeno « bello durante». La parte terza (intitolata: « Perdenti e perduti ») perviene all'anno della fine del regime fascista, l'anno della decisione sovrana pienamente rispondente alle esigenze della situazione della nazione e ai voti del popolo. A pagina 285 è riferito il testo della breve lettera che, dal suo rifugio di Ravello, Vittorio Emanuele III, a tre giorni di distanza dalla Liberazione di Roma, scrisse al suo ministro della real casa, duca Pietro Acquarone, il quale tanta parte ebbe nella preparaz~one dell'atto sovrano del 25 luglio 1943. In quelìa breve epistola al suo fiduciario il re dava a lui l'autorizzazione a dichiarare che fin dal gennaio dell'anno 1943 egli aveva concretato definitivamente « la decisio 1 ne di porre fine al regime fascista· e di revocare il Capo del Governo Mussolini », avvertendo, però, che « l'attuazione di questo provvedimento, resa più difficile dallo stato di guerra, doveva essere 1nin11tamente preparata e condotta nel più assoluto segreto ». Su tale preparazione sono date nell'opera numerose notizie, le quali tuttavia non dimostrano né alacrità di azione, né saggezza di programma, di propositi e di criterii, né fervore di ideali. Il 3 giugno 1943 fa la sua apparizione colui che doveva avere le massime responsabilità nella decisione del Gran Consiglio del fascismo della notte del 24 luglio 1943, Dino Grandi, « conte di Mordano », allora presidente della Camera dei Fasci e delle Corporazioni. « O l'abdicazione o il rovescia116 Bi.bliotecaginobianco I \

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