Nord e Sud - anno XI - n. 51 - marzo 1964

Luigi Fruttero fatti, con il risultato di non ·1asciare più alcun spazio all'intuizione politica. L'industrialismo e i problemi connessi alla civ~ltà di .massa diedero ancora maggior impulso alla ricerca dei fatti, finendo· ·per chiudere definitivamente la strada alla teoria. Ciò che Easto,n chiama « la costruzione di inventarì » di dati obiettivi, di puri e scarni dati desunti dalla realtà, appariva come una logica reazione all'attività speculativa, alla tendenza prevalente nell'Europa ottocentesca di abbando-narsi alle grosse teorizzazioni sistematiche della vita sociale e politica. Purtroppo, i risultati di questo spostamento d'obiettivo hanno condotto gli scienziati politici in un vico1o· cieco. Individuare un problema o una serie di problemi soci~lmente rilevanti non è. sufficiente perché questi diventino teoreticamente significatiyi. Ed eccoci alla spina nel cuore di tanti studi e ricerche compiute e che tuttora si compiono al di fuori di un quadro teorico di riferimento, entro il quale sarebbe invece necessario collocarle e legarle insieme perché acquistino t1n peso,, una rilevanza scientifica. Se la politica si fa giorno per giorno è anche tro-ppo· chiaro che il compito dello studioso t:. :' di fatti politici dev'essere più di intuizione che di codificazione: altrimenti la grossa fatica che deriva dall'osservazione finisce per disperdersi, per annttllarsi, e la stessa scienza politica per fissarsi su determinati modelli statici. ·, r I I È proprio quello che è accaduto a molti scienziati politici americani di questo secolo: la maggior. parte di essi sono partiti dalla premessa che la democrazia, così ca-m'era vissuta ma so,prattutto immagtnata, fosse il miglio,r sistema politico di questo mondo; il che fa dire a Easton, in uno dei rari momenti d'ironia, che è nel .precettore di Candide, Pangloss, che possiamo scorgere la caricatura dello sci~nziato politico moderno. La ricerca razionale richiede una definizione completa del modo· in cui si concepiscono i fini: e al di sotto dei fini ci sono, naturalmente, i valori morali. E qui si affaccia l'altro discorso importante sul significato della f ricerca, eh~ può diventare costruttiva so-lo nel momento in cui la si riferisca acl_un'anafisi « èostruttiva » dei valori dello stesso ricercatore. L'assoluto dista~co, in quella che si definisce ~1a·-riceréa_,_obiettiv;dei- dciti, degli schemi morali dello studioso, dall'oggetto della ricerca, appare come un'affermazione vuota di senso. L'ideale. ,di. una scienza sociale--libera dai valori si è rivelato i -,- .....,..:...•~ - - '\ ~ ~ --~·--- - - - - - ......., ~-- ! una chimera. E d'altronde tutti sappiamo- quanto pericoloso possa risultare q~es'toatteggiamento neutrale - l'oggettività dei fatti, il parlare da sé dei fatti - quando si p-assa al servizio del potere. Come giustamente fa notare Paolo Maranini nella sua prefazione al libro, « l'inganno dell'iperfattualismo , ... 1%finis·cpeer tornare consapevolmente o inconsapevolmente comodo ai co·nsu1Ienti del potere ». È, dunque, nelle premesse morali dichiarate che il ricercatore pone in primo luogo la validità delle sue osservazioni, non nel su·o esimersi dai giudizi di valore, cioè dalle scelte. Del resto, la tendenza della ricerca politica americana negli ultimi sessant'anni è stata quella di adeguarsi fortemente alle idee morali correnti; ·e il c_onformismo ha appunto portato a tutta una serie di affermazioni piuttosto confuse sulla fine dell'ideologia co,me sostegno alla lotta ·di classe e, viceversa, senza necessità 114 Bibliotecaginobianco \ \

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