Nord e Sud - anno XI - n. 51 - marzo 1964

RECENSIONI Filosofia e politica nel XVI secolo « Di tutti i campi in cui la filosofia esercita con sicurezza il suo diritto d'indagine, la politica è certo quello dove meno si sente a proprio agio ». Con questa legittima affermazior1e, valida naturalmente solo per un certo tipo di filosofia, si- apre un vecchio, ma non certamente invecchiato, volume di Pierre Mésnard, dal titolo L'essor de la philosophie politique au XVI siécle, pubblicato per la prima volta nel 1936 a Parigi, presso Boivin, ripubblicato nel 1952 presso l'editore Vrin, in ristampa: anastatica, con l'aggiunta di un ricco supplemento bibliografico, e solo -di recente tradotto in italiano-, sinora solo nella sua prima metà, presso l'editore Laterza, da Francesco Trainello, e curato con la consueta perizia ed eleganza da Luigi Firpo. Il titolo italiano, Il pensiero politico rinascimentale, (vol. I, Bari, 1963), dovuto probabilmente alla volontà di riallacciare questa opera alle precedenti della medesima collezione (cfr. p. XIV), no-n _rende il significato preciso del vo,lume del Mésnard, perfettamente ·espresso dal suggestivo titolo francese già ricordato; iì pro,blema del Mésnard è infatti un problema filosofico, e più che uno storico, anche se dello sto-rico ha la statura e la tempra, egli è un filosofo, come fanno fede i suoi studi su Descartes, su Diderot, su Kierkegaard, oltre quelli famosi su Bodin. Quindi· 1a filosofia ha un posto preminente nella sua indagine, come del resto egli stesso ci dice nella sua lucidissima introdu;zione, in quanto lo iato fra filosofia e politica, _che i filosofi « puri» ritengono ancora insuperabile, nasce dalla vecchia metafisica classica che riteneva l'indagine nel mondo -delle cose come una contaminatio alla quale lo spirito doveva sottrarsi: superato ·dalle correnti filosoficl1e moderne questo artificioso dualismo, « non si vede perché la filo,sofia della politica debba essere dichiarata impossibile in nome di un'antinomia delle cui rovine sono cosparse tutte le vie del pensiero contemporaneo» (p. 3). Questa legittima esigenza di unificazione, per lo 111eno metodolo-gica, fra la filosofia e la politica, la cui dissociazione conduce la prima verso astratte formulazioni intellettuali, lasciando la seconda affidata al semplice momento empirico, questa esigenza, dicevamo, comporta però due grossi pericoli: da un lato quello di cadere in una· arbitraria quanto illegittima identificazione fra teoria e prassi, mentre dall'altro la riflessione filosofica sul dato storico politico potrebbe condurre ad una ambigua ed altrettanto illegittima filosofia della storia. Il Mésnard però riesce ad evitare tanto l'uno quanto l'altro dei due pericoli, perché è lib-ero da idee fi_sse, non ha schemi teoretici precostituiti a cui ridurre tutti i problemi, anche se le influenze che su di lui esercita la scuola sociologica francese _da Comte a Durkheim lo inducano a 100 Bibliotecaginobianco \ \ •

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