Nord e Sud - anno XI - n. 50 - febbraio 1964

Girolamo Cotroneo dendo ogni incisività. Infatti, fin quando il Lowith rievoca le origini bibliche della filosofia della storia, scrive delle pagine illt1~inant.i, o comunque degne di attenta lettura, quali quelle su Sant'Agostino, s.u Orosio, su Gioacchino da Fiore, anche se la sua tesi sulle origini bibliche della filosofia della storia non è certo originalissima, in quanto si riallaccia alla comune tradizione in sede critica della filosofia della storia, ed era stata sostenuta, come nota il Rossi nella sua prefazione al volume, anche dal Dilthey_ nell'Einleintung in die Geisteswissenschaften; la tesi del Lowith, però, si differenzia dalle altre interpretazioni, e lo si vede nelle pagine dedicate all'Illuminismo, a Hegel o Marx, quando sostiene la già accennata tesi secondo cui il fo·ndamento· teologico resterebbe presente anche nelle modern.e elaborazioni dottrinali della filosofia della storia che i pensatori dell'età 1nodema concepirono, « secolarizzando i principii teologici nel senso del progresso verso un compimento e applicandoli ad t1n numero sen1pre crescente di.conoscenze empiriche» (p. 44); ne venne come ultimo sbocco di questo processo che i pensatori contemporanei, una volta accettata l'idea della continuità storica, hanno finito con l'adagiarsi in essa e si sono rivolti alla semplice sto,riografia che al di fuori dei fatti no•n sa o non vuole vedere una finalità superiore: è il caso del Burckhardt, che per Lowith sembra essere il solo filosofo della storia dell'età contemporanea, della quale viene, 110n si comprende bene con quale criterio, elevato ad unico rappresentante. Ma le obiezio,ni al Lowith rion si fondano tanto sui suoi pur discutibili criteri di scelta dei rappresentanti delle varie epoche, anche se è ni.olto strano, ad esempio, che eglf salti a piè pari, in una indagine che si assume come scopo quello di delineare la progressiva laicizzazione della storia, tutto il Rinascimento in cui quel processo di rottura con la tradizio·ne giudaicocristiano.-medievale si comincia a delineare; come dicevamo, 110n è tanto questa pur discutibtle metodologia che ci possa interessare, quanto invece le conseguenze che il Lowith trae dai st1oi presupposti e cioè dall'affermazione, parzialmente vera, che le n1o·derne filosofie della sto·ria siano la tra• scrizione in termini laici delle antiche concezioni bibliche, elevate a livello dottrinale da Agostino, Orosio, etc. Su che cosa il Lowith fonda tale affermazione? Nell'iniziare il suo discorso dalle concezioni pagane sul significato e sul fine della storia, egli osserva che il problema della storiografia greca era semplicemente quello di « narrare i fatti accaduti nel passato » e quindi nella loro indagine « il ' senso' degli avvenimenti non viene espresso: esso non si pone al di là degli avvenimenti considerati, ma è implicito nella narrazione stessa, che esprime semplicemente ciò che i suoi momenti rivelano» (p. 30). E poiché essi vivevano in un clima spirituale dominato da una visione naturalistica e ciclica del mo,ndo, rimaneva loro estraneo il problema del futuro: « I filosofi e gli storici greci erano convinti ·che qualsiasi cosa accadesse nel futuro, si sarebbe attuata secondo un identico telos e avrebbe avuto una struttura conforme al divenire passato e presente» (p: 29). Si rendeva così impossibile la costruzione di una filosofia della storia, disciplina, infatti, inesiste11te presso i pensatori dell'età classica. 92 Bibliotecaginobianco •

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