Nord e Sud - anno XI - n. 50 - febbraio 1964

Recensioni primere in singoli periodi mastodontici punti di vista e considerazioni molteplici, rende spesso difficile la comprensione e la veduta d'insieme al punto che infine anche un lettore armato della migliore buona volontà rinuncia a voler decifrare del tutt~ il senso d.i tali configurazioni stilistiche. Con questa critica della forma non si .vogliono tuttavia sminuire l'acume e la dottrina del lavoro di cui trattasi o la prestazio·ne intellettuale fornita dall'Autore. .. Il contenuto si divide in tre capitoli di testo seguiti da una appendice statistica. Nel primo capitolo, dedicato allo squilibrio territoriale dell'apparato economico italiano, Mirabella enuncia la sua co,nvinzione che il dualismo economico-sociale che divide il Nord dal Sud difficilmente può essere superato dal _libero giuoco delle forze. Piuttosto egli considera tale deleterio stato di cose, se abbandonato a se stesso, so,lo come focolaio di disturbi e di distorsioni man mano crescenti della configt1razione e della distribuzione territoriale del prodotto nazionale, focolaio che può essere eliminato solo dal potere dello Stato attraverso interventi rigo,rosamente coordinati. Solo a questo potere egli riconosce la capacità di comprendere con esattezza, e di riportare in un binario che oJfra 1naggiori garenzie di pacificazione sociale, le differenze di reddito che si verificano, tra le principali zone geografiche (Nord e St1d), i grandi rami di produzione (industria ed agricoltura) e gli artefici della produzione: le singole classi sociali, delle quali ognuna, a ragione o a torto, è co-nvinta di fare la parte di Cenerentola al momento della distribuzione dei beni. A questo giudizio pessimistico, che nega una possibilità di assestamento spontaneo, in misura più larga si può, per gli ultimi anni, contrapporre che nel Meridione ormai o.pera una libera te11denza verso, l'equilibrio: sia nella cernita delle localizzazioni e dei settori industriali che nella direzione e nell'affermazione dell'amore per il rischio. Se fino al termine degli anni 'SO il Lazio, la Campania e la Sicilia avevano assorbito il 70% degli investimenti ora, a partire dal 1960, questa cifra scende al 40%, mentre la preponderanza passa alle altre regioni che fino·ra erano rimaste indietro. Con lo stesso ritmo cronologico mutano il rapporto e l'importanza dei settori industriali: al posto degli alimentari, tessili e materiali da costruzione, che erano in testa con il 70%, passano l'industria meccanica, metallurgica e ·chin1ica; e i settori tradizionali scendono al 30%. Infine, nello stesso passaggio da un decennio all'altro, il potenziamento e l'ammodernamento degli stabilimenti già esistenti, che avevano assorbito il 60% degli investimenti, cedono il posto ai nuovi impianti la cui cifra sale al 70% nel 1961 e all'80% nel 1962 (cfr. « Informazioni Sv:in1ez », edito dalla « Associazione per lo sviluppo dell'industria nel Mezzogiorno,», Roma A. XVI, 1963, n. 5-6, pag. 118 sg. e n. 16, pag. 394). Questi cambiamenti però nella maggior parte dei casi sono il risultato di libere decisioni imprenditoriali co,n l'aiuto, evidentemente, di sovvenzioni statali ed altre agevolazioni, la cui efficacia cominciò a manifestarsi chiaramente solo nel 1961; da non trascurare è il diretto intervento dello Stato attraverso l'obbligo imposto agli Enti pub85 Bibliotecaginobianco I

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