Nord e Sud - anno XI - n. 50 - febbraio 1964

Mario Chiari sarebbe del tutto inutile in qua11to i Comuni non realizzeranno dall'operazione che magrissimi profitti. Inoltre, a suo giudi~io, l'accollo ai proprietari delle spese di urbanizzazione delle aree, unitamente alla applicazione di un'imposta . sugli incrementi di valore delle aree stesse, equivarrebbe di fatto ad annullare la proprietà del bene. . Le tesi sopra esposte meritano un attento esame, anche per sgomberare il campo da taluni equivoci. Occorre innanzi tutto cominciare col rilevare che lo scopo che ci si prefigge attraverso la espropriazione e la successiva cessione delle aree da parte del Comune non è quello di far conseguire direttamente un lucro al Comune stesso. Si tratta invece, in primo luo,go, di realizzare una perequazione tra i proprietari di aree, attribuendo ai terreni, al momento in cui si procede alla espropriazione, un valore che prescinda dalla destinazione più o meno vantaggiosa dei terreni stessi, stabilita nel piano regolatore. È bensì vero che tale finalità potrebbe essere perseguita anche avvalendosi di mezzi diversi: quali, ad esempio, il totale prelievo degli incrementi di valore conseguiti e, nel contempo, l'indennizzo delle limitazioni e dei vincoli di carattere urbanistico. A parte, però, la sussistenza di tutta una serie di ragioni di carattere eminentemente pratico che sco·nsigliano l'adozione di un tale sistema (difficoltà, ad esempio, di accertare in modo esatto la misura dell'incremento o del decremento di valore), occorre ricordare i risultati di una analoga esperienza fatta in Inghilterfa nel 1947, risultati tanto negativi che indussero presto ad abbandonare il criterio già seguito. Ma l'esproprio generalizzato è diretto anche ad un altra finalità: quella di esercitare una funzione calmieratrice nel mercato delle aree edificabili, fissando il loro valore ad un certo periodo e conferendo quindi la possibilità a coloro che intendono costruire di ottenere dal Comune le aree stesse ad un prezzo che rappresenti la sommatoria del loro precedente valo,re (in base a cui sono espropriate), aumentato di una quota proporzionale delle spese sostenute dal Comune stesso per la predisposizione delle attrezzature pubbliche necessarie. Il crescente incremento di valore delle aree edificabili non si presenta, infatti, come un fenomeno di carattere transitorio, ma come un processo continuo, legato a molteplici fattori, fra i quali in primo luogo l'industrializzazione del Paese, con il conseguente addensamento di popolazione nei centri urbani o nelle zone a questi vicine. Di fronte ad una do-manda sempre più accentuata di aree edificabili, vi è una offerta rigida per la stessa natura del bene: è logico e naturale che, sussistendo tali presupp~sti ed in una economia di mercato, il prezzo delle aree continui a salire. Di qui appunto la necessità di porre un freno a questo mo·vimento ascensionale, sostituendo un regime pubblicistico a quello privatistico attuale. Risulta chiaro, da quanto si è detto, che il successo della preannunziata riforma è strettamente legato alla capacità da parte dei Comuni di svolgere un'azione veramente dinamica nel settore urbanistico. Qualora tale azione 58 Bibliotecaginobianco

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