Nord e Sud - anno XI - n. 50 - febbraio 1964

Alfredo T ~s.~i dall'altr9 lato la constatazione che, sebbene importanti, la predisposizione di un generico sisten1a di incentivazioni e la realizzazione di una relativame11te fitta rete di infrastrutture generali non si mostravano in grado di risolvere il problema dell'avviamento di un autonomo processo di sviluppo industriale nelle regioni meridionali del paese, indussero, a11ch~ sulla base di sigr1ificative esperienze straniere, a specificare la politica d'intervento straordinario in ter1nini di individuazione di alcune determi11ate zone del territorio meridio11ale. Si volevano, cioè, identificare quelle zone 11elle quali la dotazione di un sistema integrato di attrezzature specifiche consentisse il risultato più produttivo insieme alle più elevate economie di scala per l'intervento pubblico; nelle quali la concentrazione industriale, oltre ai vantaggi di t1na n1aggiore rapidità e di un più elevato ritmo di sviluppo deterrriinato dai suoi effetti n1oltiplicativi, consentisse quella integrazione del sistema produttivo che è indispensabile ai fini della messa in opera di un meccanismo di svilup·po autopropulsivo. Ovviamente, l'efficacia di questo nuovo i11dirizzo era, ed è, condizionata dalla selezione di territori che, oltre a possedere obiettive potenzialità di sviluppo e a 1nostrare i primi sinto111i di un processo di crescita industriale, per il loro numero relativamente ristretto consentissero un intervento adeguato in relazione alle disponibilità finanziarie della Cassa per il Mezzogiorno. Mentre, quindi, cli fronte al dilemma « diffondere o con- - centrare gli sforzi per favorire l'industrializzazione del Mezzogiorno», la risposta dell'eco,nomista e del legislatore fu dettata dall'esigenza obiettiva di una ragionevole diffusio11e delle aree di concentrazione, nella pratica sembra poi essersi finito p·er abbracciare la prima delle alternative prospettate, nel senso di lasciarsi imporre una· irragionevole diffusione delle aree di concentrazio11e, naturalmente prescindendo sia dai presupposti teorici della politica di localizzazione delle attività industriali che dalla effettiva quantità dei mezzi a disposizione. La situazione ha ora raggiunto tali termini di pesantezza da rischiare di privare fin da ora di slancio e incisività gli sforzi che si devono e possono fare per abbreviare i tempi dell'industrializzazione. Questo stato di cose sembra, inoltre, porre gravi problemi all'attività stessa di programmazione, la quale, se da un lato non potrà ignorare quanto già deciso ed intrapreso in questo campo, dall'altro difficilmente potrà contemplare 41 pt1nti costanti di riferimento territoriale alla politica economica nazionale. Nel tessuto di quel rinnovato discorso cui accennavamo in apertura, si colloca ora anche un interessante articolo di Umberto Dragone (/ piani regolatori delle Aree e dei Nuclei industriali, « Esperienze Amministrative», n. 2;3· - 1963) nel quale vengono messe in evidenza, tra le cause di debolezza dell'attuale politica di localizzazione delle attività industriali, talune contraddizioni di carattere teorico-concettuale in essa insite. Mentre, infatti, con la istituzione delle Aree si è rimasti fedeli ai presupposti teorici della ragionevole djffusione delle aree di concentrazione industriale (sistema inte44 Bibliotecaginobianco

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