Nord e Sud - anno XI - n. 50 - febbraio 1964

Dall'idealismo alla storia ... non solo, ovviamente, per una valutazione positiva e ammirativa della grande figura morale di lui, ma per co1 mprendere meglio la natura e l'auto·nomia della sua formazione spirituale, ch'era quella di uno storico d'istinto e di metodo e non già di uno scolastico della filoso.fìa allora di moda. Giovanissimo aveva studiato la Rivoluzione francese, si era appassionato intorno, a quelle che al termine della sua opera chiamerà le grandi primavere civili della storia, co1ne l'età di Pericle e il nostro Risorgimento, mentre la passione di ricerca già lo andava iniziando all'interpretazione e all'assimilazione dei testi più profondi delle origini cristiane. Nella guerra mondiale s'era maturato precocemente, ma senza salti, come uomo· libero, già fin d'allora poco tenero verso la monarchia, In:azzinianamente persuaso dell'inseparabilità dei concetti di patria e libertà. Era senza dubbio, e si dichiarava, nazionalista, ma più nel senso universalistico• che in quello particolaristic·o del termine e il suo stesso giovanile disdegno- per il neutralismo giolittiano e per la corruzio•ne parlamentaristica non tardò ad attenuarsi e infine placarsi del tutto- di fronte agli errori e ai delitti dell'incipiente dittatura. Il delitto Matteotti, la progressiva soppressione di tutte le libertà civili lo sco·nvolgo-no, tanto più in quanto vede il suo Maestro, che pure è stato subito messo da parte da Mussolini probabilmente per so1 llecitazione dei clericali, tutt'altro che incline a co,ndividere le sue posizioni critiche. Per un paio d'anni tenta, e ce lo documentano alcune drammatiche le~tere, di persuadere Gentile ad abbandonare il fascismo. Il tono è rispettoso, come sempre, ma fermissimo: « È inutile dirle -- scrive il 15 ottobre 1924 - che, come pro1gramma, io sono co1 n Lei. Invece dissento profondamente nella valutazio·ne storica del mo-mento e del fascismo ... Non arrivo a scorgere neppure lo Stato forte, come non arrivo a scorgere lo Statò etico, perché no;n credo che la violenza sia forza; perché non credo che per esser forti sia necessario tener sempre in parata le forze e impegnarle tutte in prima linea, come faceva Cadorna prima di Caporetto; perché questa forza che si esplica nella minaccia e nell'incuoo della guerra civile si logora, e ne logora o distoglie infinite altre da sco,pi nazionali ». E aggiunge, con una visione quasi profetica, se si pensa a quello 1 che meno d'un ventennio più tardi doveva accadere nel fatto durante la seconda guerra mondiale scatenata dal nazismo co·n la corresponsabilità del fascismo italiano: « Sono stato soldato quattro a-nni, e s_o àa quale sottosuolo profondo si attingano le forze che faL grandi le nazioni, e penso con sgomento a ·quel che succederebbe quando si dovesse chiedere il sacrificio supremo a· maltitudini avvilite o bastonate, o ad uomini che dal terrorismo· piccolo o grande abbiano appreso a chiudersi nei loro egoismi. Sarebbe una catastrofe da secondo impero >>. 25 Bibliotecaginobianco

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