l'ronaca Libraria Certo egli non ebbe teorie da difendere, ma la sua musa si ispirò al popolo e ai sentimenti popolari, e tanto più prendeva il volo quanto più affondava la sua ispirazione nella vita reale, partiva da uno sp·unto preciso, umile, modesto, apparentemente insignificante: un piede che si muove tra le ringhiere di ferro di un balcone, uno sguardo che perlustra una strada, un grido di dolore e di vendetta colto nella folla. Perché pochi, forse nessuno, sentì la folla come lui. Non si propose dunque di interpretare le aspirazioni del popolo, che possono essere mutevoli col mutare dei tempi e delle condizioni sociali, ma la voce eterna dei sentimenti eterni del popolo che era il suo. Il volume termina con una raccolta di lettere tutte sapide di quei particolari che scoprono una personalità, che ci restituiscono l'accento di una voce; sicché ci pare proprio di sentirla, quando scrive a Febea: « Sono l'uomo più malinconico del mondo». Lo sapevamo, le sue poesie ce lo avevano ben detto. E ne abbiamo conferma da questi scritti, queste novelle, questi bozzetti, queste pagine di cronaca apparsi nei vari giornali del tempo, in quella Napoli metropolitana e confidenziale dei primi anni del secolo, fervida d'intelligenza, còlta, al corrente di tutte le novità. Ma era , anche la Napoli dei pezzenti, delle prosti tu te, delle monacelle caccia te dai monasteri, e di quelle donne voluttuose dagli occhi niri nire nire, e le vocchelle rosse, che incontreremo nelle sue «Mattinate» napoletane e nelle • poesie. Poeta a carte scoperte, eppure così maliosamente allusivo, per aver saputo ~ui guardare in ogni cosa come la prima volta, è perfino riuscito a farci riscoprire la magia inconfondibile del più trito mare di Merg,ellina, della più trita luna d'argento. C. M. Bibliotecaginobianco RENZO ZoRzI: 500 quintali di sale. Fel• trinelli, Milano 1962. Cinquecento. quintali di sale vogliono dire una bella somma, in tempi di carestia e di guerra, per un gruppo di partigiani isolati e braccati nella bassa veronese. Vale la pena di correre qualche rischio pur di poter ritirare il prezioso minerale e rivenderlo al minuto nelle campagne. E così, attorno a questo spunto centrale, si snoda un breve, felice, autentico racconto d'avventura che apre il libro dello Zorzi. È ancora una storia della Resistenza, un episodio della lotta partigiana, narrato secondo l'ispirazione di una memoria lucida e partecipe. Una storia che va ad aggiungersi con pieno merito all'antologia narrativa non troppo nutrita che agli eventi di quegli . . . . anm s1 1sp1ra. C'è l'avventura ma c'è anche la prospezione psicologica; e lo sfondo della guerra e della Resistenza è sempre presente nello svolgersi dei fatti. L'autore riesce a fermare, sulla pagina, non solo il coraggio individuale e la fortuna e il senso di responsabilità del protagonista, ma anche la memoria di quel triste autunno del quarantaquattro la delusione di quei giorni ancora così lontani dalla vittoria, il senso tutto particolare del modo di essere partigiani nella « bassa ». Essere cioè uomini quasi allo scoperto, dietro un argine del fiume o un albero scheletrico, in fuga da una casa colonica a un villaggio; dietro e davanti l'angoscia della pianura e l'angoscia di sentirsi in essa un comodo bersaglio. Anche di questi dati psicologici fu fatto quel tempo in cui, come scrive l'autore, « accaddero cose gravi di cui abbiamo sempre evitato di parlare anche tra noi». E questo pudore dei sentimenti che si riflette sulla materia narrata, conferisce al racconto a~ciuttezza di tono e sobrietà di particolari. Anche il secondo racconto del volume - « Una storia di galline» - narra una storia del tempo della Resistenza: ma è soprattutto una storia privata1 di sentimenti. Il mondo parti125
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