Nord e Sud - anno XI - n. 49 - gennaio 1964

Recensioni sue fortune economiche rapide e ambigue e soprattutto i favori accordati a.i familiari sia dal potere civile che dalla Curia. Giannone comunque, negli anni successivi al 1729, ha perso ogni fiducia nella· volontà riformatrice degli Asburgo. È sintomatico il fatto che le suppliche al sovrano e ai suoi ministri non vadano oltre al 1730 e queste ultime riguardino non più una richiesta di sistemazione, ma piuttosto. il pagamento di quella pur misera pensione che gli era stata accordata. Per l'altro problema, la giurisdizione feudale, l'Ajello ne testimonia ancora l'ingombrante presenza e soprattutto la mancanza di volontà, nel governo austriaco, di affrontarne la demolizione, e le cure rivolte invece tutte, dal 1728 al 1734, a taglieggiare il Viceregno e quindi ingraziarsi i nobili. Molto interessanti le notizie riguardanti il tentativo di riacquisto degli arredamenti da parte del potere centrale, frustrato da parte dei baroni con il pronto uso dei donativi. E il fatto che l'ideatore dell'operazione fallita sia un amico di Giannone, il Condegna, largamente perseguitato per questo e sacrificato al convergente odio dei baroni e della Curia, non è affatto 1 un episodio isolato. Anche Giannone si n1ostra nell'epistolario favorevole al progetto di un banco per la ricompra degli arrendamenti alienati dallo· stato·, n1entre un pensiero antifeudale è documentabile presso gli altri amici, come il Forlosia, spinto a v·ie11na per aver denunciato col fratello al fisco un barone che non pagava giuste tasse, o il Riccardi, che in una memoria inedita se la prende con la nobiltà che vive di rendita invece di impiegare i capitali nel commercio. Questo spiega ancora una volta la pronta capacità di adesione ad una nuova monarchia degli intellettuali e dei forensi, con1preso lo stesso Gian.- none, che, nel 1735, rivolge suppliche a Filippo \l e a Carlo III per rientrare nel Regno. Ma questa volta si tratta di una monarchia nazionale. È dall'esperienza borb·onica e dal fallin1ento del codice carolino (sul quale in -carcere a Torino ancora Giannone si informava, avendone attraverso i fogli avvisi di Berna, dal fratello Carlo, ed esprin1endo insieme speranza e pessimismo e ricevendo solo notizie di insufficienza e di esaurimento della grande tradizione giuridica) che il ceto forense si divide: una parte degli avvocati saranno veramente i « paglietta » tradizionali, presuntuosi e ignoranti, che meriteranno il biasimo del Galanti (il cui Testamento forense è tra l'altro nutrito dei succhi po,lemici contenuti nelle Biografie de' magi-- strati, che una mano anonima tracciò per Carlo III, al momento del trapasso di regime); un'altra si allaccerà al filone riformistico dei Fragianni e l'anucci. L'Ajello coglie esattamente il clima differente e quindi il modo di reagire diverso nella situazione precedente e durante la monarcl1ia borbonica, soprattutto a proposito della giurisdizione regia che si contrappone a quella ecclesiastica e a quella feudale. · La giurisdizione regia è il terreno in cui· avviene il conflitto fra forensi e baronaggio e quest'ultimo si trova qui solo e isolato. Già durante il Viceregno, in un tipo di amministrazione decentrata e debole, si s·ono avuti i 103 Biqliotecaginobiahco

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==