Nord e Sud - anno X - n. 48 - dicembre 1963

Paolo Vittorelli vana una rivendicazione, alla quale noi teniamo molto, co-me quella della volontà comune degli Stati firmatari .degli .accordi di Roma di eleggere un Parlamento europeo a suffragio universale. L'elezione di un Parlamento europeo, la quale dovesse svolgersi, oltre che negli Stati democratici, facenti attualmente parte della Comunità economica europea, anche in Stati che non tengono elezioni, come nella Spagna franchista, dove le elezioni sono una beffa, come nel Portogallo di Salazar, sarebbe una farsa. Dobbiamo, d'altra parte, nella nostra azione europea, porci anche un altro problema. Noi abbiamo fatto l'esperienza, nel 1954-55, della degenerazione dell'idea federalistica europea, quando gli europeisti furono profondamente divisi dal progetto- della Comunità europea di difesa. La Comunità europea di difesa ha probabilmente contribuito in modo determinante a dare un colpo mortale allo slancio federalistico europeo che si era manifestato in Italia nei primi anni del dopoguerra. Guardate lo stato dei vari movimenti federalistici: oggi, co·n pena, essi tentano di rialzarsi dal colpo che ricevettero in quella occasione. Bisogna quindi diffidare moltissimo della trasformazione del quadro politico ed economico europeo nel quale oggi ci si muove in un quadro che aneli non soltanto ad essere politico o economico, ma anche militare e forse più militare che politico. Perciò noi assistiamo con grave_ senso di allarme agli sforzi compiuti dalla Francia gollista allo scopo di persuadere altre nazioni della_ Comunità economica europea a costituire una forza nucleare europea, la cosidetta farce de frappe; e con minore preoccupazione noi assistiamo pure agli sforzi fatti perché sia lasciata, al progetto di forza multilaterale, la porta aperta ad una trasformazione in forza nucleare europea. Oggi è possibile sviluppare sopratutto sul terreno economico la solidarietà tra le varie nazio11i del continente europeo. Ma anche in questo campo noi vorremmo che il nostro Ministero degli Esteri ed il nostro Ministro degli Esteri si assumessero chiara e precisa la responsabilità di una linea unitaria, la quale indichi con chiarezza che cosa l'Italia chiede al Mercato comune. Vuole il Mercato comune essere, come alcuni nostri uomini di Stato ritengono debba limitarsi ad essere, una semplice unione doganale? Ma questa sarebbe la fine del Mercato comune, questa sarebbe la sua limitazione ad un accordo modesto e meschino che non aveva nessun bisogno di tanti strumenti complicati, di tanti controlli de·mocratici, di tante articolazioni. Vuole invece essere qualcosa di diverso? Ma allora deve ·anche essere un mercato il quale, sul terreno sociale, 82 Bibliotecaginobianco

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