Nord e Sud - anno X - n. 48 - dicembre 1963

/ Gastone Orefice Problemi dell' ordinamento ·comunale . . La profonda crisi che travaglia la vita aniministrativa degli enti locali, e dei Comuni in· particolare, sembra oggi come non mai aver attratto l'attenzione non solo degli studiosi, ma anche della pubblica opinione. In verità, i nostri ordinamenti con1unali sono ormai troppo vecchi e superati, essendo, nelle loro grandi linee, rimasti quelli_ del secolo XIX. Dopo l'Unità, fu estesa a tutta la penisola la struttura amministrativa piemontese, che a sua volta ricalcava quella della Francia nel periodo post-rivoluzionario, fondata sul principio dell'accentramento dei poteri e della eliminazione di ogni differenziazione di posizione fra tutti i comuni, grandi o piccoli che fossero. E a questo stesso spirito accentratore sembrò ispirata la successiva legislazione. In tutti i testi unici disciplinanti la materia che si sono susseguiti fino a quello del 1934, traspare la sfiducia del legislatore circa le capaèità degli amministratori degli enti locali e la preoccupazione di dar vita ad un sistema in cui le autonomie locali vengano ridotte al minimo e mas- - simi siano i controlli del potere centrale sui loro atti. Troppo si è scritto sulla necessità di modificare l'attuale sistema e, conformemente al precetto costituzionale, operare una · profonda riforma della legge comunale e provincia~e attualmente vigente, facendo sì che le autonomie degli enti locali divengano una realtà co·ncreta. È tutto il sistema dei controlli che va radicalmente mutato, attuando l'art. 130 della Costituzione, che attribuisce ad organi delle regioni il controllo· di legittimità sugli atti delle Provincie, dei Comuni e di tutti gli altri enti locali. Ma se nella mancanza di una ampia autarchia e di un vasto decentramento autarchico devono ravvisarsi alcune delle cause della crisi degli ordinamenti comunali, cionondimeno altri sco•mpensi nella loro organizzazione amministrativa c~ncorrono ad aggravare la crisi stessa. Consideriamo anzitutto l'attuale ripartizione di attribuzioni fra Sindaco, Giunta e Co,nsiglio Comunale. Essa 110n è certamente tale da garantire la migliore funzionalità degli organi. Per fare un solo esempio, si consideri che in base alle norme attuali, il Consiglio Comunale di una grande città, come Milano, o Roma, ·o Genova, è costretto ad occuparsi, fra l'altro, di questioni come il collocamento a riposo dei dipendenti comu- , nali. Secondo il Gelpi (La crisi dei Comun,i - « Amministrazione locale» - Marzo 1959) al Consiglio Comunale dovrebbe essere riservata solo l'approvazione del bilancio _preventivo e del conto consuntivo, l'applicazione di contributi e la determinazione delle rispettive aliquote, l'assunzione diretta dei pubblici servizi, l'assunzione di mutui, l'approvazione dei regolamenti e delle piante organiche del personale, l'adozione dei piani regolatori:_ tutte le _altre materie dovreb,bero rientrare nella sfera di attribuzioni del Sindaco e della Giunta Comunale. Si può essere sostanzialmente d'accordo su tale delimitazione: occorrerebbe forse aggiungere, fra gli atti da sottoporre al Consiglio, la concessione dei servizi comunali all'iniziativa privata. Si è anche p-arlato della op,portunità di sopprimere addirittura la Giunta 66 Bibliotecaginobianco •

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